Socialismo liberale e Riformismo

Nel giugno del 1932 (due mesi dopo l’attacco di Togliatti al “socialtraditore” Turati su Lo Stato operaio), Carlo Rosselli scriveva sui Quaderni di Giustizia e Libertà, che Turati aveva avuto il coraggio di battersi non per una antistorica Italia socialista, “per la quale mancavano tutti i presupposti”, ma per un’Italia “moderna, liberale, che liquidasse gli avanzi feudali” e favorisse lo sviluppo di una borghesia industriale e di un proletariato organizzato. Aveva così trasformato un problema di classe in un problema nazionale, ottenendo un diffuso consenso. Nel chiedersi fino a che punto Turati fosse marxista, scriveva che quella fede si era in lui gradualmente dileguata, “secondo una esperienza che fu comune a tutti i grandi socialisti del suo tempo”.

Tutto ciò lo distingueva dai “teologi massimal-comunisti” chiusi nella torre d’avorio dell’ideologia, che, pur ritenendo passata l’ora della rivoluzione, continuavano “a far pompa di frasi incendiarie”, accusando i riformisti di sabotare quella rivoluzione che essi stessi non avevano mai seriamente voluto.

Quando, nel 1922, lo sciopero generale consentirà ai fascisti di presentarsi come i custodi dell’ordine borghese, Turati – scrive Rosselli – “ancora una volta assumerà su di sé il peso degli errori altrui e difenderà questo sciopero, da Don Chisciotte del proletariato”. Rosselli vede in lui il ponte tra il 1848 e il nuovo Risorgimento morale: “Cattaneo, Mazzini, Garibaldi, Pisacane, i grandi vinti del Risorgimento politico danno la mano a Turati, questo grande, ma provvisorio, vinto del Risorgimento sociale, per annunciare, indissolubilmente uniti, la nuova storia italiana”.

L’intensità di questi richiami fa pensare all’ambiente familiare di Rosselli, in cui la tradizione risorgimentale era coltivata religiosamente. Nella sua prefazione a Socialismo liberale, Aldo Garosci ricorda che i Rosselli erano una famiglia di ebrei livornesi che viveva a Londra. Sin dal 1841 intrattenevano un intenso rapporto d’amicizia con Mazzini, che il 10 marzo del 1872 morì proprio in casa Rosselli, a Pisa, dove la famiglia si era stabilita nel 1859. Fra i quattordici che firmarono l’atto di morte, sottolinea Garosci, figuravano ben sette fra Rosselli e Nathan.

 

Fra il 1928 e il 1929, confinato a Lipari, per aver organizzato, insieme a Oxilia, Parri e Pertini la fuga di Turati in Corsica, Rosselli scrive Socialismo liberale, che verrà pubblicato a Parigi nel 1930, dopo la sua fuga dall’isola nel 1929. Il liberalismo, sostiene, è divenuto, nel corso del tempo, sempre più sensibile al problema sociale e il socialismo si sta liberando “sia pure faticosamente, del suo utopismo”, mostrando una sensibilità nuova verso le libertà individuali: “E’ il liberalismo che si fa socialista o è il socialismo che si fa liberale? Le due cose assieme. Sono due visioni altissime ma unilaterali della vita che tendono a compenetrarsi e a completarsi. Il razionalismo greco e il messianismo d’Israele”. Il liberalismo non si identificava più con l’economia di mercato, il socialismo, a suo avviso, stava gradualmente prendendo le distanze dal messianismo della scolastica marxista-leninista. Queste convinzioni si consolidarono dopo la laurea, quando si recò in Inghilterra e frequentò la London School of Economics e la Società Fabiana.

 

In una lettera a Claudio Treves, che, recensendo Socialismo liberale, aveva definito il suo autore “né socialista né liberale”, Rosselli avverte l’esigenza di chiarire i punti fondamentali del suo libro: 1) il sistema marxista implica una posizione deterministica; 2) il revisionismo ha eroso alla base la dimostrazione di Marx della necessità dell’avvento socialista; 3) la tesi socialista, abbandonata come conclusione di un teorema scientifico, è stata reintrodotta come premessa di fede; 4) si è verificata una progressiva rottura fra marxismo e moderni movimenti socialisti; 5) si assiste a un ritorno, pur col decisivo apporto dell’esperienza marxista, a posizioni illuministiche.

Alla luce di queste considerazioni, intende così dimostrare che il revisionismo può condurre ad una posizione “socialista liberale”, che nel liberalismo vede “la forza ideale ispiratrice, nel moto operaio la forza pratica realizzatrice”. Ritiene poi che, in questo processo, Croce abbia giocato un ruolo fondamentale, smascherando la “scientificità” del marxismo, in cui dirà di aver trovato, al di là delle costruzioni metafisiche, solo “un buon paio di occhiali”, un buon metodo per accostarsi alle cause economiche dei fatti storici. Nella Storia d’Italia esprimerà poi una valutazione positiva del socialismo che, grazie ai riformisti, “da rivoltoso era diventato parlamentare”, sviluppando “i motivi liberali della tradizione italiana sopra quelli illiberali del marxismo”.

 

Riprendendo temi cari a Cattaneo e alla tradizione repubblicana, Rosselli guarda con estremo interesse al federalismo, che in un testo del 1937 considera un’espressione di autonomia per i singoli e per le comunità. Definisce così le linee di “una società socialista federativa liberale”. Come era prevedibile, Socialismo liberale fu fortemente criticato in casa comunista. Togliatti scrisse su Lo Stato operaio, nel 1931, che il libro si collegava “in modo diretto alla letteratura politica fascista” e lo contrappose alla Rivoluzione liberale di Gobetti. Gobetti, aggiunse, era uno studioso e un ingegno originale, mentre Rosselli era “un dilettante dappoco, privo di ogni formazione teorica seria”. Gobetti era inoltre “un intellettuale povero mentre Rosselli è un ricco, legato oggettivamente e personalmente a sfere dirigenti capitalistiche”.

 

Nel 1932, rispondendo a Giorgio Amendola, Rosselli manifesta tutto il suo dissenso nei confronti del tentativo togliattiano di leggere Gobetti in chiave gramsciana. Gobetti, diceva che in Marx lo seduceva lo storico e l’apostolo del movimento operaio, non l’economista, che “è morto, con il plus-valore, con il sogno della abolizione delle classi, con la profezia del collettivismo […] Credete voi -chiede Rosselli ad Amendola- che Gobetti avrebbe accolto con altrettanta disinvoltura il metodo della dittatura, il mito della avanguardia del proletariato, la soppressione per decreto delle classi?”. Secondo Gramsci, proseguiva Rosselli, “Gobetti non sarebbe mai diventato comunista” […] e “perché lo dovremmo diventare noi, che non abbiamo neppure gli attaches sentimentali per l’ambiente dell’Ordine Nuovo? “.

 

Amendola, commentando il programma di Giustizia e Libertà, poneva polemicamente la domanda: Con il proletariato o contro il proletariato? e Rosselli replica scrivendo che ci sono vari modi di servire il proletariato: “Il comunismo serve il proletariato riducendolo a gregge […] togliendogli sino da ora ogni autonomia […] Giustizia e Libertà intende servire il proletariato sviluppando in esso il senso della dignità, della autonomia”. Appare evidente che l’eretico socialista-liberale, come era accaduto prima al riformista-socialtraditore Turati, aveva ampiamente meritato, con onore, la sua scomunica, ma anche l’ammirazione di quanti, contro l’ortodossia ideologica, hanno scelto di stare dalla parte degli eretici.

 

Nadia Urbinati e Monique Canto-Sperber hanno scritto, nella prefazione a Liberal-socialisti. Il futuro di una tradizione, che il socialismo liberale è forse l’unico ideale radicato nella tradizione politica e morale europea ad avere un “respiro universalista”. Il messaggio di Carlo Rosselli, con il suo costante richiamo alla “libertà eguale”, si colloca dunque al centro di ogni confronto politico che affronti il tema della diseguaglianza e lo testimonia l’interesse che ha suscitato negli Stati Uniti la traduzione di Socialismo liberale, curata proprio da Nadia Urbinati e pubblicata nel 1994 dalla Princeton University Press.

 

Testi consultati

  1. Rosselli, Scritti dell’esilio, Einaudi, Torino, 1988, 2 Voll., vol. I.
  2. Garosci, Prefazione a C.Rosselli, Socialismo liberale, Einaudi, Torino, 1973.
  3. Rosselli, Socialismo liberale, Einaudi, Torino, 1973.
  4. Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Laterza, Bari, 1943.
  5. Togliatti, Opere, Editori Riuniti, Roma, 1973, vol. III, T. II.
  6. Urbinati-M.Canto Spreber, Liberal-socialisti. Il futuro di una tradizione, Marsilio, Venezia.  Se la Sinistra mette l’accento sulla libertà, Incontro di Reset con Giuliano Amato e Nadia Urbinati, Reset, marzo-aprile 2004.

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto