Ho letto l’articolo di Davide Giacalone sulle conseguenze dell’invecchiamento e la perdita di popolazione dell’Italia negli anni a venire. Devo confessare che non capisco, ma è certamente una mia incapacità a comprendere. Non capisco se il tema riguardi la denatalità, la scuola che di tutto si interessa tranne che dei suoi “clienti”: gli studenti, delle difficoltà a venire nel pagare le pensioni o della landa desolata che diverrebbe l’Italia. Se rivolgo lo sguardo al passato, alla storia che ho imparato a scuola, l’Italia e non solo, l’intera Europa, è stata terra di transito di popolazioni che l’hanno attraversata e qualche volta vi si sono stabilite. Stiamo assistendo ad uno di quei passaggi nel quale la popolazione residente è man mano sostituita da una nuova composta da culture diverse, fedi diverse e spesso anche apparenze diverse. E dov’è la novità? Si ripete ciò che è già avvenuto molte volte. Non esprimo un giudizio su questo, non mi interessa, dico che preoccuparsene è inutile. È come se ci si dovesse preoccupare di invecchiare e poi morire. Tempo sprecato che si dovrebbe dedicare ad altro. Magari a vivere, qualunque cosa questo voglia dire.
Tornando agli argomenti presentati nell’articolo non comprendo, di nuovo, perché debba essere una preoccupazione, o almeno questo ho avvertito, se le classi vedono dimezzare e poi dimezzare ancora, gli alunni. Vorrà semplicemente dire che il rifugium peccatorum rappresentato dalla scuola per coloro che non vogliono prendere una vanga in mano per procurarsi il cibo, sarà terminato.
Così come la preoccupazione del ”chi pagherà le pensioni?” visto che ci troviamo in un sistema a ripartizione. Gli italiani impareranno in maniera dura che Esopo aveva indicato la strada e la formica uno stile di vita. Nessuno pagherà loro le pensioni, ma bisogna dirglielo fin da ora e chi vorrà prestare orecchio si troverà meglio; del resto, sono sessanta anni che suona questa musica, “trovati un lavoro per poi andare in pensione così potrai fare quello che vuoi, e più giovane sarai meglio sarà per te”, un nulla, sessant’anni, di fronte alla storia.
Da quello che so ed io non so, prima non era così.
Da ultima, la preoccupazione nell’avvertire il pericolo di una landa desolata rappresentata ne “gli ultimi Italiani”. Davvero si pensa che l’Italia possa umanamente desertificarsi e nessuno avrà voglia di occupare lo spazio rimasto vuoto? Solo l’Italia o anche altri. Perché delle due l’una: se è solo l’Italia allora non è quel “bel paese” che alcuni “ricchi di fantasia” hanno venduto sul mercato delle parole inutili, se invece riguarda molti altri paesi, mi chiedo dove stia il problema. Fino a pochi anni fa si tremava per la crescita incontrollata della popolazione mondiale e ci si chiedeva come si sarebbe fatto per sfamarla. La risposta è arrivata in modo naturale.
Laureato in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Torino ha sviluppato la propria vita professionale in ambito industriale. Da sempre appassionato di economia e dei temi legati allo sviluppo delle libertà individuali nel 1976, in vista di elezioni politiche decisive per l’Italia, decise di iscriversi al PLI. Ha poi seguito una linea personale di sviluppo intellettuale in ambito libertario non legata a gruppi organizzati. Libero dagli impegni professionali, i suoi interessi attuali si rivolgono all’approfondimento di temi sviluppati dalla scuola economica di Vienna e agli studi, lasciati in gioventù, sulla fisica delle grandi masse.