Trovo difficile condividere l’esultanza dimostrata dai nostri quotidiani a proposito della comune dichiarazione in sede Nato su Russia e Cina. Non è chiaro per quale motivo noi dobbiamo considerare con ostilità i rapporti con questi due stati.
La Russia è una modesta potenza sul piano economico ed un gigante su quello militare. Ma non credo che neanche lontanamente i russi possano pensare di muovere guerra all’Italia.
La Cina è una grande potenza economica e lo sarà anche sul piano militare. Rappresenta un mercato importante, ma anche essa certamente non ha ambizioni militari nei confronti del nostro paese.
A noi interessa la situazione nel Mediterraneo che improvvide iniziative americane e francesi, volte ad esportare la democrazia, hanno gettato nel caos del terrorismo.
Non mi sembra che la Nato abbia preso posizioni al riguardo e, anzi, un paese Nato opera militarmente in autonomia in quest’area, incurante dei nostri interessi.
Si dirà che le intese con Biden riguardano il contrasto alle interferenze politiche e informatiche poste in essere dai due stati “nemici”.
A questo punto si può ricordare che ai tempi dell’Unione Sovietica noi abbiamo avuto in casa un partito che si richiamava alle strategie di quel paese; ma anche i partiti di governo subivano interferenze americane; allora andava tutto bene e ora no?
Se poi alla Nato si vuol dare un significato più politico oltre che difensivo, allora temo che ciò significhi un addio ai bei sogni di unità europea. Inutile pensare a strutture comunitarie che si sovrappongano a linee strategiche, commerciali, difensive già coordinate in sede Nato. È una scelta; le aggregazioni si fanno attorno a un leader.
Noi non abbiamo voluto un leader europeo: poteva essere l’ottima ed equilibrata Merkel; così invece dell’Europa Unita abbiamo la Nato, con un leader americano, che certamente è meno sensibile ai nostri interessi.
Non gabellerei tutto con la difesa della democrazia, ogni paese essendo libero, in funzione della sua cultura e della sua storia, di scegliere il regime che preferisce. Il regime confuciano della Cina ha radici storiche indiscutibili.
Se proprio vogliamo lasciare un margine di giustificazione alla politica condotta, lo possiamo trovare nel campo della cybersicurezza, dove la guerra commerciale può portare a gravi scorrettezze e dove il contributo degli Stati Uniti può essere in campo tecnologico davvero determinante. Ma allora questo obiettivo di sicurezza informatica va enunciato chiaramente e va chiarito che i nemici possiamo anche averli in casa nell’area del terrorismo o della contestazione al sistema.
In Banca d’Italia dal 1965, prima ai Servizi di Vigilanza sulle aziende di credito, poi, da dirigente, con responsabilità di gestione delle strutture organizzative, dell’informatica e del personale; dal 1996 Segretario Generale della Banca, con responsabilità del personale, delle relazioni sindacali, dell’informatica, delle rilevazioni statistiche e ad interim della consulenza legale. Cessato dal servizio nel 2006.
Già rappresentante italiano dal 1989 presso l’Istituto monetario europeo (Basilea) e poi presso la Banca Centrale Europea (Francoforte) per i problemi istituzionali e l’organizzazione informatica. Inoltre rappresentante sempre a partire dal 1989 presso il G20, Banca dei Regolamenti Internazionali, come esperto informatico.
Autore e coautore di pubblicazioni sull’ordinamento bancario, sulle economie di scala e sugli effetti dell’informatizzazione. Ha organizzato presso la Fondazione nel gennaio 2015 il convegno sulla situazione carceraria in Italia.