Non sembri azzardato, di fronte alla genericità’ delle informazioni contenute nel comunicato del Governo, un prudente commento sull’operazione Governo-maggioranza e Benetton deliberata dal Consiglio dei Ministri nelle incerte luci dell’alba.
Essa ,apparentemente tramontata la revoca della concessione lapidariamente annunciata dall’avvocato del popolo soltanto ventiquattro ore prima a mercati aperti, prevede l’entrata della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di Aspi(51%) nonché l’entrata in Aspi di una cordata di investitori non individuati se non dal requisito di essere graditi alla Cassa, e la progressiva uscita dei Benetton.
L’orario antelucano non ha probabilmente favorito la comprensione piena da parte dei deliberanti degli esatti termini in cui la nazionalizzazione di Aspi dovrebbe realizzare l’interesse pubblico tanto conclamato, ma, allo stato delle cose, non ancora dimostrato.
Il dubbio non appare peregrino se il Ministro degli Esteri e leader della maggioranza parlamentare che, come è noto, è prodigo di esternazioni, dopo aver dichiarato di aver posto fine alla povertà e di aver avuto una buona impressione di Draghi(bontà sua)dopo il recente colloquio, ha ritenuto di dovere rendere noto che l’ipotesi della revoca della concessione non è del tutto tramontata.
Per ora, ad onta dei proclami trionfalistici ,sappiamo soltanto che la definizione economico-finanziaria dell’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti in Aspi, tramite aumento di capitale, e l’ingresso di altri investitori tramite l’acquisto di azioni Aspi detenute da Atlantia (alias Benetton) richiede una pluralità di tortuosi passaggi e la predisposizione da parte di Aspi di un Documento Aggiuntivo che definirà anche il nuovo sistema tariffario, senza il quale non è dato attribuire un valore ad Aspi e quindi il prezzo che Cassa Depositi dovrà corrispondere, mentre è ignoto il prezzo della vendita delle azioni Aspi detenute da Atlantia.
Ci chiediamo quali basi e criteri di mercato è stato raggiunto l’accordo; come può affermarsi che è stato realizzato l’interesse dei contribuenti, i veri azionisti di maggioranza, se i numeri sono i grandi assenti e se non è dato conoscere quali siano gli obiettivi di economicità di gestione e se la presenza dominante della Cassa Depositi, che non fa parte della P.A, ponga i programmi e i risultati gestionali al di fuori del controllo e della verifica del Parlamento.
Per il capitalismo populista la nazionalizzazione di un’impresa può ben essere une boite à surprise: essa si fa a prescindere perché è uno scalpo da esibire al popolo.
Professore ordinario, della cattedra di Diritto civile presso la Facoltà di Giurisprudenza della Libera Università per gli studi sociali Guido Carli – LUISS – di Roma. Componente del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi.