Quando in Italia si parla del MES, si fa esclusivamente riferimento al caso della Grecia. In realtà, il MES (e più specificatamente il suo antecedente Fondo europeo per la stabilità finanziaria, FESF) è intervenuto in altri quattro casi: Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro. Senza negare le grandi difficoltà avute dalla Grecia durante il periodo di sostegno finanziario, in questi casi l’intervento congiunto di MES, Fondo Monetario Internazionale e della Commissione europea ha permesso a questi paesi di superare la fase di crisi, riformare le proprie economie e di intraprendere un forte percorso di crescita. Risultati raggiunti anche nel caso greco.
Queste crisi presentano molti caratteri simili: la crisi del 2008 ha innescato una crisi del settore bancario – spesso causata dalla crisi del settore immobiliare, ampiamente finanziato negli anni precedenti – la necessità di impedire il fallimento delle banche ha portato ad un aumento dell’indebitamento, che ha messo in crisi la capacità di questi paesi di finanziare il proprio bilancio pubblico a tassi accettabili, facendo crescere gli “spread”. In alcuni casi c’era un forte problema di indebitamento con l’estero e di scarsa competitività delle esportazioni.
Con l’intervento del MES-FESF e degli altri soggetti, con finanziamenti ventennali, questi paesi sono temporaneamente usciti dal mercato internazionale dei capitali, hanno potuto attuare profonde riforme dei loro mercati e sono successivamente rientrati sui mercati internazionali. La Spagna (2012-2013) ha ottenuto un finanziamento di € 41,3 miliardi, l’Irlanda (2010-2013) di € 67.5 miliardi, il Portogallo (2011-2014) per € 78 miliardi e Cipro (2013-2016) di € 9 miliardi, piccolo in assoluto, ma pari a metà della dimensione della sua economia.
Anche per questi paesi gli interventi su spesa pubblica, tassazione e mercato del lavoro concordati con FESF-ESM, sono stati importanti (qui gli interventi di condizionalità), ma tutti i paesi sono stati in grado di tornare su un sentiero di crescita significativo, che ha ridotto la disoccupazione e il rapporto debito/Pil.
Il MES è uno strumento importante che permette dare un ancoraggio fiscale all’eurozona, strumento non che non era previsto alla nascita dell’euro, ma che serve per gestire situazioni di squilibrio che non si possono affrontare con la politica monetaria della Banca Centrale Europea. E’ uno strumento che può cambiare a seconda delle necessità, come abbiamo visto con le attuali modifiche che eliminano le condizionalità nel caso di interventi relativi alla pandemia del coronavirus.
Articolo pubblicato su www.glistatigenerali.it
Professore associato di Politica economica all’Università di Verona. Si occupa di diversi aspetti di political economy (principalmente istituzioni, democrazia, conflitto). E’ Coordinatore del Dottorato di ricerca in Economia e Management, fellow del CESifo e Visiting Professorial Fellow al Global Development Institute (University of Manchester). Ha ottenuto il Dottorato in Economia Politica all’Università di Siena ed un MSc in Economics all’University of Exeter. Ha insegnato a Royal Holloway University of London e all’Università di Firenze, è stato Jean Monner Fellow all’Istituto Universitario Europeo e Visiting Fellow a Clare Hall College (University of Cambridge) e Jemolo Fellow a Nuffield College (University of Oxford). Ha ottenuto la NEPS Medal per il miglior paper di peace economics pubblicato nel 2017. È componente del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi.