L’individualismo metodologico di Carl Menger

Le origini della sociologia sono legate all’esigenza di trovare un metodo che si accosti alle scienze umane col rigore che la ricerca applica all’indagine dei fenomeni naturali. Nel descrivere le leggi del divenire sociale, ogni elemento è considerato, in tale contesto, come parte di una totalità organica.

Il modello olistico è presente nella cultura occidentale  in Eraclito come in Platone, negli  Stoici come in Hegel, in Comte come in Spencer. In forme diverse, attraversa dunque l’Idealismo il Positivismo e lo Storicismo.  Deriva da qui l’idea che la società possieda una sua dimensione teleologica. Il sociologo diviene così un ingegnere sociale, in grado di progettare la forma della Polis, che, in qualche modo,  riflette l’ordine universale.

Al di fuori di questa prospettiva teleologica, si potrebbe osservare che  la regolarità che rileviamo nei fenomeni sociali ed economici non è coessenziale ai fenomeni stessi, ma emerge da consuetudini acquisite  dai singoli nel corso del tempo, in modo talora imprevedibile. Ci si trova allora dinnanzi a una  rivoluzione copernicana, che pone al centro non più la totalità sociale, ma la singolarità. Entro  tale prospettiva il  valore dei beni potrà essere definito in funzione dell’importanza che essi rivestono per gli individui.

 

Nei Principi di economia politica, del 1871, Carl Menger introduce la teoria soggettiva del valore, concepito non più  come una proprietà della merce, alla maniera di Smith, di Ricardo e, in seguito, di Marx. Menger, che  può essere considerato il fondatore della Scuola austriaca,  si era formato nelle Università di Vienna, Praga e Cracovia e insegnò economia politica a Vienna dal 1871 al 1903. Il valore, egli sostiene, non è legato alla quantità di lavoro necessaria a produrre le merci, ma alla relazione tra queste e le scelte dei   consumatori. Si fonda, scrive Menger,“sul rapporto fra i beni e i nostri bisogni. Non sui beni stessi. Col mutare di questo rapporto, anche il valore dovrà sorgere o scomparire”. La teoria economica dovrà allora prendere atto che l’utilità di un bene risiede nella soddisfazione che produce in chi lo desidera e decresce  con il maggior consumo del bene stesso.

L’attenzione è posta così sui singoli, che,  nel rispetto della libertà altrui, perseguono i propri fini.Nelle dinamiche spontanee del mercato, azioni motivate dall’interesse personale possono produrre, grazie alla concorrenza, apprezzabili benefici sociali in  modo del tutto inatteso. La desiderabilità, di una merce, che si riduce con la soddisfazione del bisogno, si esprime dunque attraverso i comportamenti individuali dei consumatori e l’utilità marginale (come sarà poi definita) si identificherà con l’ultima quantità di bene disponibile.

 

La scelta di privilegiare l’elemento individuale non deve indurre a pensare che Menger volesse semplicemente catalogare comportamenti singoli. Riteneva piuttosto che l’indagine scientifica dovesse procedere dai dati più semplici per giungere poi a  formulare leggi generali, che riuscissero a spiegare fenomeni  di più ampia portata. Menger non ritiene che il metodo induttivo sia adeguato a queste indagini, in quanto, a suo avviso, la ricerca empirica necessita di un apporto teorico di carattere deduttivo, che dovrà mettere in luce le conseguenze sociali  imprevedibili che possono derivare dall’agire intenzionale.

Si avverte una  evidente consonanza con  Karl Popper, secondo il quale il compito delle  scienze sociali teoriche consiste nel delineare  le ripercussioni “non intenzionali che seguono alle azioni umane intenzionali”. L’esempio scelto da Popper è tratto proprio da un fatto economico. Se una persona desidera acquistare una casa in un certo quartiere, scrive, non collabora sicuramente a far elevare il prezzo degli immobili in quella zona, ma sarà proprio la sua scelta a favorire l’aumento dei costi.

Riconoscendosi in questo orientamento metodologico,  Friedrich von Hayek,  riteneva insostenibile  una società rigidamente pianificata, proprio in quanto la nostra  “ignoranza antropologica” ci impedisce di prevedere gli effetti  imponderabili dei piani di lunga durata. Se l’individualismo metodologico si sforza di comprendere la complessità dei fenomeni sociali, la hybris collettivistica, scrive Hayek, “aspira alla direzione cosciente di tutte le forze della società”, mostrando le conseguenze perniciose dell’ abuso della ragione, come è avvenuto nei totalitarismi.

 

Agli esponenti della Scuola storica tedesca, per i quali la specificità dei fatti economici era incomprensibile al di fuori della dimensione organica dei contesti nazionali, appariva velleitario pensare di elaborare principi universali che prendessero le mosse dall’osservazione di casi individuali. Menger non nega l’importanza dell’orizzonte storico, ma ritiene che la ricerca di leggi generali dei processi economici non può lasciarsi condizionare da fattori estranei all’economia stessa o dai risultati della ricerca empirica, condotta con metodo baconiano. La Scuola storica mostrava tutti i suoi limiti nel momento in cui, secondo Menger, incentrava la sua ricerca sui singoli fatti economici, senza riuscire a delineare una teoria generale.

 

Queste controversie diedero vita alla cosiddetta battaglia sul metodo (Methodenstreit), in cui i sostenitori della Scuola Storica tedesca  si opposero alla Scuola  austriaca, e dunque al  metodo analitico deduttivo.

In Menger prevalgono gli  aspetti soggettivi  sulle entità collettive, come la società, la classe o lo Stato, ma, nel considerare le azioni individuali in termini atomistici, l’economista austriaco non intende sottovalutare la dimensione della socialità, proprio  perché l’agire umano si esprime sempre in un ambito intersoggettivo. I fenomeni sociali costituiscono, per Menger,  la risultante di comportamenti individuali, secondo un orientamento condiviso anche da Max Weber, per il quale la sociologia “deve guardare all’individuo singolo” e sono proprio i singoli a dar vita allo  Stato e alle entità collettive. Anche un’economia socialista, per Weber, dovrebbe essere compresa “in base all’agire degli individui”.

 

L’individualismo metodologico di Menger si fondava sulle libere scelte del singolo, laddove, nella concezione della scuola storica, la soggettività si annullava nella totalità olistica della comunità, della nazione, dello Stato e la storia delle vicende economiche prevaleva sulla teoria economica. Le differenze di metodo assunsero delle connotazioni politiche, perché, come ha scritto Sergio Ricossa, “riconoscere il primato dell’individuo portava verso il liberalismo; e al contrario fissare l’attenzione sulla collettività organica spingeva verso qualche forma di socialismo”.

 

 

 

Testi citati

Menger, Principi fondamentali di economia, trad. it., Rubbettino, Soveria mannelli, 2011.

Menger, Gli errori dello storicismo (Premessa di Sergio Ricossa), trad. it., Rusconi, Milano, 1991.

Popper, Congetture e confutazioni, trad. it., Il Mulino, Bologna,1972.

von Hayek, L’abuso della ragione, trad. it., Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008.

Weber, Alcune categorie della sociologia comprendente, in Id., Il metodo delle scienze storico-sociali, trad. it., Einaudi, Torino, 1974.

Weber, Economia e società,trad. it., Edizioni di Comunità, Milano, 1995, 5 voll., vol. I, Teoria delle categorie sociologiche.

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto