L’agenda per lo sviluppo sostenibile dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) è impostata su due capisaldi: le persone e il pianeta. Lo sfondo è quello della dottrina dei diritti umani e la proiezione programmatica fa perno su un parternariato globale. Il principio guida è la solidarietà, a cui è dedicata la giornata del 20 dicembre. Questa celebrazione, proclamata nel 2005 dall’Assemblea generale (Ag), sulla base della Dichiarazione del millennio (2000), intende porre enfasi sulla solidarietà come qualità nodale per le relazioni tra i popoli, l’unità nella diversità nel contesto della crescente disuguaglianza, il riconoscimento di differenti diritti e bisogni per raggiungere obiettivi condivisi, il rispetto degli impegni assunti dagli stati negli accordi internazionali. L’Ag, nel 2003, ha anche reso operativo il Fondo per la solidarietà mondiale, con lo scopo di promuovere il progresso umano e sociale nei segmenti più vulnerabili.
L’Onu è stata istituita sulle premesse di unità e armonia, incarnate nella nozione di sicurezza collettiva e nello sforzo comune per eliminare i conflitti, ed è nello spirito di solidarietà che si concretano la coesione e la cooperazione necessarie per risolvere problematiche di carattere politico, economico, sociale, culturale, militare e umanitario. La solidarietà è, dunque, un valore fondazionale che si prefigge di prevenire e rimuovere le cause delle asimmetrie e le iniquità fra e dentro gli stati, così come gli ostacoli strutturali che generano disparità e perpetuano la povertà; favorire un ordine sociale internazionale nel quale i diritti umani e le libertà fondamentali possano essere materializzati a pieno; originare fiducia e rispetto tra attori statali e non statali per realizzare pace e inclusione.
Nella geografia degli usi teorico-morali e filosofico-politici del concetto di solidarietà, quest’ultimo diviene, nell’ambito dell’Onu, un ideale cosmopolitico e per definizione transnazionale. Il suo ruolo centrale si sostiene nella stimolazione di una densità morale, e la creazione di un modello di etica della responsabilità, che rendano possibile la reciprocità, la compensazione di vuoti, e la costruzione di strutture di integrazione, ovvero una solidarietà organica. La chiave risiede in una coscienza collettiva, forte e coerente, del fatto che l’interdipendenza tra le economie e gli scambi commerciali del processo di globalizzazione non presuppone affatto la genesi di maggior somiglianza sul piano delle persone e le comunità, bensì il determinarsi o l’acuirsi di un drammatico divario economico e sociale.
Tuttavia, la consapevolezza della natura trasversale di alcune minacce, per esempio, la questione del riscaldamento planetario e la corsa agli armamenti nucleari, giustificano la solidarietà in termini pragmatici piuttosto che morali, quando questa deve erigersi sull’universalismo rappresentato dai diritti umani. Allo stesso modo, la solidarietà ridotta all’attitudine conforme alle richieste del welfare, o ridistribuzione, pur nell’accezione di virtù delle istituzioni, non risponde alle sfide poste dalle disuguaglianze, che vanno, invece, affrontate con un approccio olistico. Affinché venga soddisfatta la prerogativa che gli individui a qualsivoglia latitudine abbiano uguali opportunità di sviluppare le proprie capacità e occupare posizioni sociali a esse commisurate, deve essere applicato, infatti, un argomento morale, la cui conclusione è che la giustizia sociale è clausola determinante di ogni tipologia di solidarietà.
I diritti sociali sono legittimi non in quanto fine a se stessi, ma in quanto prerequisiti per il pieno esercizio di tutti gli altri diritti; e la giustizia sociale è imprescindibile, in quanto attributo della democrazia. Nell’ottica delle Nazioni Unite, la solidarietà è una forma di riconoscimento morale degli altri agenti nella loro condizione di membri dell’umanità, quasi una disposizione protoetica, intuitivamente comprensibile. Di conseguenza, i vincoli intercorrenti che riguardano svariati aspetti della vita possono essere imposti anche in assenza di consenso unanime. Solo in questa accezione, invero, la solidarietà può giustificare doveri positivi e convergere in maniera significativa con i contenuti della giustizia globale.
Esperta internazionale in inclusione sociale, diversità culturale, equità e sviluppo, con un’ampia esperienza sul campo, in diverse aree geostrategiche, e in contesti di emergenza, conflitto e post-conflitto. In qualità di funzionaria senior delle Nazioni Unite, ha diretto interventi multidimensionali, fra gli altri, negli scenari del Chiapas, il Guatemala, il Kosovo e la Libia. Con l’incarico di manager alla Banca Interamericana di Sviluppo a Washington DC, ha gestito operazioni in ventisei stati membri, includendo realtà complesse come il Brasile, la Colombia e Haiti. Ha conseguito un Master in Business Administration (MBA) negli Stati Uniti, con specializzazione in knowledge management e knowledge for development. Senior Fellow dell’Università Nazionale Interculturale dell’Amazzonia in Perù, svolge attività di ricerca e docenza in teoria e politica della conoscenza, applicata allo sviluppo socioeconomico. Analista di politica estera per testate giornalistiche. Responsabile degli affari esteri ed europei dell’associazione di cultura politica Liberi Cittadini. Membro del comitato scientifico della Fondazione Einaudi, area relazioni internazionali. Ha impartito conferenze, e lezioni accademiche, in venti paesi del mondo, su migrazioni, protezione dei rifugiati, parità di genere, questioni etniche, diritti umani, pace, sviluppo, cooperazione, e buon governo. Autrice di libri e manuali pubblicati dall’Onu. Scrive il blog di geopolitica “Il Toro e la Bambina”.