In questi ultimi anni assistiamo a ripetuti interventi normativi che, nell’esigenza di fronteggiare una qualsiasi forma di emergenza, sono tesi ad introdurre correttivi o deroghe al Codice dei contratti pubblici approvato con il D. Lgs. n. 50/2016.
La forte crisi economica e la pressante esigenza di un rilancio hanno recentemente indotto il Legislatore ad innestare, attraverso la decretazione d’urgenza (vedi da ultimo il D.L. n. 32/2019, c.d. “Sblocca cantieri”), una serie di importanti modifiche nel corpo normativo di cui al D. Lgs. n. 50/2016, in alcuni casi stravolgendo la filosofia e la ratio di alcuni istituti (si pensi all’inversione del rapporto gerarchico fra i criteri di aggiudicazione negli appalti sotto soglia in un’ottica di semplificazione ed accelerazione delle procedure; ovvero, ancora, al ridimensionamento dello spazio operativo assegnato alle Linee Guida ANAC ed al sistema di soft law).
Per altro verso, la legislazione emergenziale vigente nell’attuale periodo di diffusione epidemiologica da Covid-19 prevede diverse deroghe al Codice, con specifico riferimento all’approvvigionamento dei beni.
Nella medesima prospettiva, non si contano le gestioni “commissariali” delle emergenze e il relativo corredo di poteri straordinari e derogatori assegnati proprio nell’ambito degli appalti pubblici.
Emblematici sono, in tal senso, l’esperienza legata al sisma del 24 agosto 2016 e gli interventi urgenti che ne sono scaturiti in favore delle popolazioni colpite (cfr. D.L. 17 ottobre 2016, n. 189).
Più recente è l’intervento normativo contenuto nel D.L. 28 settembre 2018, n. 109 (convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della L. 130/2018), recante “Disposizioni urgenti per la città di Genova” in seguito al crollo di un tratto del viadotto Polcevera dell’autostrada A10, noto come ponte Morandi.
Il decreto ha previsto la nomina di un Commissario straordinario per la ricostruzione, al fine di velocizzare le operazioni di ripristino dell’infrastruttura e, al contempo, ha dettato specifiche disposizioni volte a semplificare le procedure per l’affidamento di lavori, forniture e servizi in relazione alle esigenze del contesto emergenziale.
A tal ultimo proposito, l’art. 1, comma 7, del suddetto D.L. n. 109/2018 stabilisce che “il Commissario straordinario affida, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle connesse, ad uno o più operatori economici diversi dal concessionario del tratto autostradale alla data dell’evento e da società o da soggetti da quest’ultimo controllati o, comunque, ad esso collegati, anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacché non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all’evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio”.
Viene, pertanto, individuato uno strumento di semplificazione e accelerazione procedimentale nella “procedura negoziata senza bando”, qual è quella disciplinata dall’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, secondo cui le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare appalti pubblici mediante il meccanismo della “negoziazione” in presenza di casi tassativamente identificati.
Fra le ipotesi enumerate, la norma indica le “ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice” come possibilità di deroga ai “termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione”, che quindi “non possono essere rispettati. Le circostanze invocate per giustificare l’estrema urgenza non sono in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici” [cfr. art. 32, comma 2, lettera c) direttiva cit.].
Si tratta, invero, di un sistema di affidamento degli appalti che è già noto al nostro ordinamento, trovando addentellato nella disposizione normativa di cui all’art. 63, comma 2, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016, i cui presupposti applicativi ricorrono tutti nella situazione di emergenza che il decreto “Genova” è stato chiamato a fronteggiare (ovvero ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili e non imputabili all’amministrazione aggiudicatrice).
L’elemento di novità risiede, invece, nel prescritto divieto di affidamento dei lavori al concessionario del tratto autostradale alla data dell’evento e a società o soggetti da quest’ultimo controllati o, comunque, ad esso collegati, ciò “anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacché non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all’evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio” (cfr. art. 1, comma 7, D.L. n. 109/2018 cit.).
La ratio di tale preclusione risiede nell’“impossibilità di escludere che il crollo del viadotto del Polcevera sia ascrivibile a responsabilità dell’attuale concessionaria e, quindi, all’esigenza di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali” (cfr. art. 1, comma 7, ultimo cpv., D.L. n. 109/2018).
Tanto è precisato nelle Ordinanze del 6 dicembre 2019, n. 928, n. 929, n. 930, n. 931, n. 932, con le quali il Tar Liguria ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale del citato disposto normativo in relazione agli artt. 3, 24, 41 e 111 Cost..
Rileva, in proposito, il TAR che “le misure escludenti adottate dal legislatore non si fondano… sull’accertata responsabilità della concessionaria autostradale o su elementi atti a fornire anticipata evidenza di tale eventualità, bensì su un assunto ipotetico e perplesso relativo alla ‘non certa irresponsabilità’ della concessionaria medesima che, in quanto tale, palesa anche aspetti di incoerenza rispetto al principio di non arbitrarietà delle scelte legislative.” Tali profili di irragionevolezza ed arbitrarietà si stagliano con evidenza ancora maggiore nel caso delle società controllate dalla o collegate alla concessionaria, stante la loro “incontestata estraneità alla causazione dell’evento che ha determinato l’adozione della misura escludente” e “l’attuale insussistenza di un regime concorrenziale nell’ambito delle concessioni autostradali” ad esse riferibili (cfr. Tar Liguria, sez. I, Ordinanza n. 930 del 06.12.2019).
In attesa che la Consulta si pronunci sul merito della questione, per quanto sin qui detto, ferme restando le criticità del metodo utilizzato dal Legislatore per sopperire alla perdurante e grave assenza di un intervento riformatore organico di tutto l’ordito delle norme regolanti la materia degli appalti, detto intervento è e resta, invece, evidentemente urgente e non più differibile, come è testimoniato dalla numerose “correzioni” fino ad oggi apportate al Codice (vedi su tutte il D. Lgs. n. 56/2017 e il già menzionato D.L. n. 32/2019) e dai reiterati “espedienti” normativi a cui lo stesso Legislatore ha fatto ricorso per scardinare la rigidità delle prescrizioni codicistiche in nome della maggiore rapidità e flessibilità d’azione richiesta, soprattutto, nelle fasi emergenziali.
Non è più tollerabile che la necessaria rivisitazione della disciplina legislativa contenuta nel vigente Codice dei Contratti Pubblici, che per definizione rappresenta uno strumento di classificazione normativa complesso e sedimentato, sia rimessa ad iniziative estemporanee, contingenti e prive della necessaria sistematicità, con il rischio di ingenerare ulteriore confusione, di produrre soluzioni frettolose ed errate e di concorrere ad una già ipertrofica stratificazione delle leggi di settore.
In questo senso il D.L. n. 32/2019, c.d. “Sblocca cantieri”, rappresenta la plastica dimostrazione di un intervento normativo che, pur mosso dal lodevole e condivisibile intento di rispondere ad istanze di semplificazione delle procedure e delle regole codicistiche, nell’ottica di un rilancio dell’economia, ha finito per rivoluzionare, nel breve volgere di qualche mese, molte delle idee “fondanti” recepite nel nuovo Codice, in buona parte obliterando i risultati di un iter legislativo lungo e gravido di momenti di studio e approfondimento (tipico dei decreti “delegati”).
Allo stesso modo, deve esprimersi più di qualche perplessità sulle proposte di emendamento al decreto “Cura Italia”, recentemente formulate dall’Anci con specifico riferimento ad alcune norme del Codice.
Anche in questo caso il ragguardevole obiettivo di apportare le dovute modifiche ad un impianto normativo che si è rivelato inadeguato alle istanze del mercato e dell’economia sembra essere perseguito nell’impeto e nella contingenza della fase emergenziale e nella totale assenza di un approccio meditato e organico che una materia così complessa e articolata invece richiede.
Auspichiamo, pertanto, che il Governo affronti una volta per tutte e in maniera seria la questione, non più rinviabile, di una riforma complessiva e strutturale del Codice degli appalti, che, pure in un’ottica di semplificazione e sbrurocratizzazione, resti aderente alla disciplina comunitaria, abbandonando la logica distorta -divenuta oramai purtroppo prassi- degli interventi a spot e delle misure emergenziali.
Avvocato cassazionista, vicepresidente del Comitato Esecutivo del Salone della Giustizia, componente del Comitato Scientifico della rivista giuridica on.line www.italiappalti.it, diretta da Francesco Caringella e Raffaele Cantone e componente del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi