Qualcuno ha detto che la storia è storia della libertà, e questo è certamente vero, ma altrettanto vera è l’affermazione che la storia è storia dell’ordine, dell’ordine civile che regola le reciproche libertà.
La tesi da molti ripetuta, e che si trova anche in J.S. Mill, che possiamo fare di noi stessi e del nostro corpo tutto quello che ci pare, purché le nostre azioni non danneggino gli altri, non mi ha mai convinto.
In realtà, ogni nostra azione e ogni nostro pensiero appena manifestato, incide sulla vita degli altri e la ferisce. Non ci sono manifestazioni del nostro io moralmente neutre, perché la vita di ogni uomo si intreccia a quella di ogni altro, e l’individuo isolato è una pura astrazione.
Nasciamo in una certa famiglia e cresciamo in un certo ambiente sociale e culturale, in mezzo a persone che contribuiscono a farci essere quello che siamo e verso cui siamo responsabili. Possiamo certamente staccarci da quella famiglia e da quel costume, questa è la nostra libertà, ma non possiamo farlo in modo arbitrario e capriccioso.
Lo slogan “la vita (o il corpo) è mia e la gestisco come mi pare” è una pretesa adolescenziale che l’esistenza s’incarica ben presto di ridimensionare. Il problema della droga (per non parlare di quello altrettanto grave dell’alcolismo, sempre più diffuso fra i ragazzi), non si risolve con la prigione, ma neppure con la legalizzazione. Come nel caso paradigmatico dell’alcolismo, il semplice proibizionismo sperimentato in alcuni paesi non ha risolto il problema, ma neppure l’ha risolto la liberalizzazione.
La dipendenza dalle droghe è un fenomeno complesso e doloroso su cui speculano certamente i trafficanti, ma è tutto da dimostrare che, una volta avviata la liberalizzazione, peraltro burocratizzata e con tutti gli inconvenienti e la corruzione del caso, non si formino due mercati, uno legale e uno clandestino.
Drogarsi e ubriacarsi non è un diritto, è semplicemente un comportamento moralmente e socialmente riprovevole, verso cui è inutile fare del moralismo predicatorio, ma che non va incoraggiato con una indulgenza che attenua nei ragazzi il senso della responsabilità.
La nostra civiltà liberale, insidiata da nemici fanatici che l’accusano dei peggiori crimini, ha oggi più che mai bisogno, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola, di sistemi educativi severi che rinforzino questo sentimento di responsabilità nei confronti di sé stessi e degli altri.
Dispiace dirlo, perché i libertari sono spesso umanamente simpatici, ma l’etica libertaria è soltanto la scimmia di quella liberale.
In memoria del Prof. Paolo Bonetti
1939 – 2019 †