Qualsiasi celebrazione ha del rituale e rischia di risultare una rassegna di memoria storica con scarsa capacità di svelare il perché e il percome siano in atto le dinamiche politiche del presente. Cercherò di ricordare fatti consegnati alla storia provando, conseguentemente, a porre a fuoco alcuni aspetti riconducibili all’attualità degli impegni presenti e futuri sulla scena politica. Nel dialogo con i giovani e con coloro che spesso sono stati tenuti, o si siano tenuti, lontano dai fatti significativi della storia è sempre necessario risalire alla fonte del pensiero di Persone che la storia l’hanno fatta per davvero con il loro pensiero, con la loro azione e, soprattutto, con la loro “visione” politica.
Schuman e Monnet
La data della festa dell’Europa è stata scelta con riferimento alla famosa dichiarazione di Schuman del nove maggio 1950. Una delle frasi più importanti di quella dichiarazione è da citare subito: “L’Europa non potrà farsi in una volta sola, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto un solidarietà di fatto.”
Mi sembra opportuno ricordare anche che Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’Europa, citava spesso il filosofo svizzero Amiel: «L’esperienza di ogni uomo ricomincia daccapo. Soltanto le istituzioni diventano più sagge: esse accumulano l’esperienza collettiva e, da tale esperienza, da tale saggezza, gli uomini soggetti alle stesse norme non cambieranno certo la loro natura ma trasformeranno gradualmente il loro comportamento».”
Queste due citazioni dovrebbero essere indicative del cammino che l’Europa ha cominciato a fare nel secondo dopoguerra del secolo scorso fino ai nostri giorni
Pensiero ed azione politica sono sempre alla base delle buone e delle cattive pratiche. Tra bene e male c’è sempre una scelta da fare. Ma qual è il bene? Qual è il male? Nella scelta del bene e del male, in genere i liberali amano mettere al centro il “dubbio” seguito da atti adottati secondo l’etica della responsabilità. L’etica che sa guardare alla tutela della libertà all’interno di regole rispettose del bene comune.
Luigi Einaudi
Il 2021 è l’anno in cui si ricorda Einaudi a 60 anni dalla sua morte. In proposito c’è un’apposita decisione del Senato della Repubblica italiana riguardante la celebrazione dell’anno Einaudiano[1] Diversi sono i soggetti impegnati nella celebrazione.[2]
Einaudi nutriva la “visione” di un’Europa unita con la serietà che caratterizzava il suo pensiero politico. Sapeva spiegare le motivazioni delle sue scelte che rispondevano al suo famoso metodo del “conoscere, discutere e poi deliberare”. Un metodo necessario soprattutto perché consente di attraversare e superare il “dubbio” e perché rende credibile e responsabile qualsiasi scelta. La scuola di pensiero, che si riconosce fra gli altri in Einstein, pone molti interrogativi su quanto possano avere giovato all’umanità gli uomini politici e religiosi. Alla luce dei fatti, possiamo affermare che le buone pratiche e il pensiero di Einaudi appartengano alla costruzione dell’edificio della civiltà.
Il discorso di Einaudi all’Assemblea Costituente del 29 luglio 1947 per la ratifica del trattato di pace, è da leggere tutto, per guadare al prima e al dopo dei primi passi per costruire l’Europa. “Quell’Europa una, che era stata, in varia maniera, l’ideale di poeti e pensatori da Dante Alighieri ad Emanuele Kant e da Giuseppe Mazzini.” L’analisi di Einaudi sulle motivazioni profonde che portano alla guerra dà spiegazioni chiare sui disastri del secolo breve e sulle due guerre mondiali che lo hanno caratterizzato. Fa comprendere bene l’essenza e le finalità delle idee del nazi-fascismo risalenti “all’Attila moderno” e al “nostro dittatore di cartapesta”. E ci avverte che “non è vero che le due grandi guerre mondiali siano state determinate da cause economiche” …” vero è invece che le due grandi guerre recenti furono guerre civili, anzi guerre di religione e così sarà la terza”… “diciamo alto che noi riusciremo a salvarci dalla terza guerra mondiale solo se noi ” saremo capaci di operare “per la salvezza e l’unificazione dell’Europa.”
Einaudi parla di “salvezza” e di “unificazione” dell’Europa in un contesto in cui si cerca di mettere insieme i cocci della distruzione della sciagurata guerra. Dice parole chiare e impegnative quando afferma che “L’Europa che l’Italia auspica, per la cui attuazione essa deve lottare, non è un’Europa chiusa contro nessuno, è un’Europa aperta a tutti, un’Europa nella quale gli uomini possano liberamente far valere i loro contrastanti ideali e nella quale le maggioranze rispettino le minoranze e ne promuovano esse medesime i fini fino all’estremo limite in cui essi sono compatibili con la persistenza dell’intera comunità. Alla creazione di questa Europa, l’Italia deve essere pronta a fare sacrificio di una parte della sua sovranità.” Questa “visione” non è una idea di subalternità, ma la consapevolezza di un vero statista. Infatti chiarisce che “scrivevo trent’anni fa e seguitai a ripetere invano e ripeto oggi, spero, dopo le terribili esperienze sofferte, non più invano, che il nemico numero uno della civiltà, della prosperità, ed oggi si deve aggiungere della vita medesima dei popoli, è il mito della sovranità assoluta degli stati. Questo mito funesto è il vero generatore delle guerre; desso arma gli Stati per la conquista dello spazio vitale; desso pronuncia la scomunica contro gli emigranti dei paesi poveri; desso crea le barriere doganali e, impoverendo i popoli, li spinge ad immaginare che, ritornando all’ economia predatoria dei selvaggi, essi possano conquistare ricchezza e potenza. In un’Europa in cui ogni dove si osservano rabbiosi ritorni a pestiferi miti nazionalistici, in cui improvvisamente si scoprono passionali correnti patriottiche” … “urge compiere un opera di unificazione.”
In questo discorso, più volte applaudito dall’Assemblea costituente, Einaudi cita il Mahatma Gandhi. Mi preme, al riguardo, ricordare una frase famosa di Gandhi: “La mia vita è il mio messaggio”. Anche di Luigi Einaudi possiamo dire che la sua vita è il suo messaggio. Dopo pochi mesi di questo discorso di pace per la pace e per l‘unità dell’Europa come vera e concreta “visione” politica, Einaudi verrà eletto Presidente della Repubblica.
Nel suo discorso di insediamento (12 maggio 1948) come “custode della Costituzione” chiarisce che la nostra Carta “afferma due principi solenni: conservare … ciò che è garanzia della libertà della persona umana contro l’onnipotenza dello Stato e la prepotenza privata; e garantire a tutti, qualunque siano i casi fortuiti della nascita, la maggiore uguaglianza possibile nei punti di partenza”. Quest’ultimo principio è alla base del pensiero di Einaudi, e dei liberali, sull’importanza della pubblica istruzione.
La Conferenza sul futuro dell’Europa del 9 maggio 2021
Il lancio ufficiale della Conferenza sul futuro dell’Europa è stato diffuso da diversi siti istituzionali. Ho preso a riferimento quello elaborato dal Servizio Studi del Senato che ha il pregio di mettere a fuoco anche gli aspetti problematici di natura politico-organizzativa da risolvere.[3]
Per la definizione delle future politiche dell’Ue si vuole far partire un virtuoso processo dal basso verso l’alto (botton up), ovvero dai livelli territoriali in su, sui temi chiave che i cittadini potranno discutere, integrare e sviluppare attraverso un’area “aperta” indicata come “altre idee” in una “piattaforma digitale multilingue”.
La piattaforma è divisa in 9 aree tematiche: clima e ambiente; salute; economia, giustizia sociale e occupazione; il ruolo della Ue nel mondo; valori, diritti, Stato di diritto e sicurezza; trasformazione digitale; democrazia europea; migrazione; istruzione, cultura, giovani e sport.
Molto interessante è il fatto che, in un periodo in cui, a causa della pandemia da Covid 19, si è diffuso un uso senza regole di conferenze a distanza, è stata elaborata una Carta che impegna gli organizzatori di eventi in modo da garantire un dibattito rispettoso di valori e di metodi di stampo democratico. I metodi elaborati dall’Ue sono esemplari e prevedono espressamente precisi impegni da parte dei partecipanti e da parte degli organizzatori di eventi.
I partecipati devono:
- rispettare i valori europei, sanciti dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea: dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze;
- contribuire alla Conferenza con proposte costruttive e concrete nel rispetto delle opinioni altrui;
- astenersi dall’esprimere diffondere o condividere contenuti illegali, che incitano all’odio, deliberatamente falsi o fuorvianti;
- partecipare su base volontaria, senza perseguire interesse privati o commerciali.
Gli organizzatori di eventi devono:
- porre i cittadini al centro di ogni evento e consentire loro di esprimersi liberamente, purché ciò avvenga nel rispetto della legalità e non preveda incitamenti all’odio;
- promuovere eventi che siano inclusivi e accessibili;
- rispettare la diversità nei dibattiti, sostenendo attivamente la partecipazione di cittadini di ogni estrazione sociale, indipendentemente dal genere, dall’orientamento sessuale, dall’età, dal contesto socioeconomico, dalla religione e/o dal livello di istruzione.
- garantire la piena trasparenza, riferendo apertamente, a seguito degli eventi, sui dibattiti e sulle raccomandazioni formulate dai cittadini e impegnandosi, se possibile, a trasmettere e/o diffondere gli eventi;
- garantire il rispetto delle norme dell’UE in materia di protezione dei dati e privacy;
- utilizzare solo l’identità visiva della Conferenza autorizzata per comunicare l’evento.
“La Carta conferisce inoltre alle istituzioni europee il diritto di rimuovere dalla piattaforma i contenuti che deroghino ai suddetti impegni volontari, nonché il diritto di impedire o revocare il diritto di utilizzare l’identità visiva della Conferenza a individui e organizzazioni che ne violino i principi.” … “I panel dei cittadini dei cittadini comprenderanno 200 persone, un terzo delle quali saranno giovani sotto i 25 anni. Saranno composti dal almeno un cittadino maschio e una femmina per Stato membro. I partecipanti saranno scelti a caso, ma in modo tale da costituire panel rappresentativi della “diversità dell’UE, in termini di origine geografica, sesso, età, background socioeconomico e livello di istruzione”.
Le questioni da risolvere per la sessione plenaria della Conferenza
Ci sono tre questioni irrisolte a proposito della sessione plenaria della Conferenza: 1) C’è la proposta del liberale Guy Verhofstadt, copresidente del Comitato Esecutivo, a favore della presenza rafforzata della rappresentanza parlamentare: 108 deputati europei e 108 di provenienza dei Parlamenti nazionali. Una composizione diversa viene, invece, sostenuta dal Consiglio e dalla Commissione. In pratica si vorrebbe una rappresentanza più snella con la presenza paritaria di Consiglio e Commissione. Principio di parità delle tre istituzioni (Parlamento, Consiglio, Commissione); 2) qual è il potere decisionale della sessione plenaria? Il Parlamento rivendica il potere di adottare le raccomandazioni da rivolgere al Consiglio europeo al termine dei lavori della Conferenza nella primavera del 2022. Il Consiglio dell’UE vorrebbe invece che tale compito spettasse al Comitato esecutivo, che agisce sulla base del consenso; 3) il Comitato esecutivo dovrebbe decidere su come debba essere garantita la partecipazione dei cittadini nella fase decisionale.
Al riguardo di queste questioni, che ho voluto riassumere e porre in particolare evidenza, mi preme chiarire che i liberal-democratici dovrebbero, a mio parere, condividere gli argomenti sostenuti da Guy Verhofstadt. Non per un atto di fede nei confronti di un parlamentare liberale, ma perché quando insorgano divergenze, tra Parlamento ed Esecutivo su chi debba esercitare un potere, i liberal-democratci si dovrebbero schierare sempre dalla parte del Parlamento. Il primo connotato del liberalismo è la limitazione del potere dei governi. E da sempre i Governi sono affetti, per la loro natura, di bulimia di potere. Montesquieu su questo tema ha teorizzato e ci ha spiegato l’importanza del principio della divisione dei poteri. Il principio che è alla base del liberalismo. In Europa, diciamolo francamente, il vero potere è nelle mani del Consiglio. E tutto ciò che riguardi il mal funzionamento dell’Europa è da far risalire quasi sempre alla camicia di forza nella quale è tenuto il Parlamento. Il Consiglio è, purtroppo, a sua volta ingabbiato dalla necessità di dover deliberare all’unanimità.
È appena il caso di ricordare Einaudi che, prima ancora che ci fosse il primo trattato per l’Ue, in occasione della ratifica del trattato di pace, auspicava l’unificazione europea e, nel contempo, avvertiva la necessità che il livello nazionale dovesse cedere parti di sovranità alle istituzioni europee. Personalmente faccio fatica a considerare il Consiglio come fattore di sviluppo del processo unitario.
In proposito, voglio ricordare un particolare significativo. Quando Einaudi fu eletto Presidente della Repubblica, nel suo discorso di insediamento spiegò in modo mirabile il ruolo e l’importanza del Parlamento. Sono parole che dovrebbero essere rilette spesso, specialmente in presenza di chi voglia rafforzare gli esecutivi in danno dei Parlamenti. Questi ultimi sono i veri depositari della democrazia partecipativa e della vera rappresentanza della sovranità popolare. Ecco le parole di Einaudi:
“ …nelle vostre discussioni, signori del Parlamento, è la vita vera, la vita medesima delle istituzioni che noi ci siamo liberamente date; e se v’ha una ragione di rimpianto nel separarmi, per vostra volontà, da voi è questa: di non poter partecipare più ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune; e di non potere più sentire la gioia, una delle più pure che cuore umano possa provare, la gioia di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui a confessare a se stessi di avere, in tutto o in parte, torto ed accedere, facendola propria, alla opinione di uomini più saggi di noi.”
Vorrei sottolineare che Einaudi usa la parola “gioia”. La gioia è un sentimento che si può provare “insieme” ad altri. Usare il termine gioia per spiegare il sentimento che si prova in un confronto che dia luogo alla formazione di una volontà comune è la spiegazione della vera essenza della centralità e della nobiltà della politica svolta nell’ambito parlamentare. Ed è illuminante l’enfatizzazione della funzione del luogo dove “si parla”, il luogo delle decisioni collegiali in questo terzo millennio in cui abbiamo visto un affievolimento della memoria sui gravissimi disastri per l’umanità che si verificano quando prendano il sopravvento le idee a favore del “decisionismo” dell’uomo solo al comando chiamato e invocato, a seconda del lessico, leader, capo, capitano, duce, fürher, caudillo, zar, imperatore o, per dirla con Orwell in ambito letterario, Grande Fratello.
Ogni qual volta, e accade in modo ricorrente, che il Parlamento sia minacciato di diventare, o diventi, il bivacco dei manipoli di un “duce”, che fortissimamente vuole i pieni poteri, si consuma puntualmente un delitto perfetto in danno della democrazia.
Le politiche europee in materia di istruzione e di formazione
In Europa vige il principio di sussidiarietà. Pertanto la responsabilità primaria dei sistemi di istruzione e formazione è degli Stati membri. L’Ue ha solo un ruolo di sostegno.
L’istruzione è riconosciuta come area di competenza dell’UE nel trattato di Maastricht del 1992, che prevede: «(la Comunità) contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche».
In pratica il ruolo dell’Ue è quello di incoraggiare la collaborazione tra gli Stati membri agevolando i processi di condivisione e di miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione e scambiando buone pratiche strategiche.
Elemento chiave è l’apprendimento permanente, che cerca di fornire ai cittadini le conoscenze, abilità e competenze richieste in particolari occupazioni e sul mercato del lavoro.
L’Agenda europea per le competenze
La Commissione Ue ha presentato a luglio 2020 un’agenda incentrata sulle competenze e sull’IFP. È da precisare, preliminarmente, che nell’accezione europea il sistema IFP comprende sia istruzione che formazione professionale.
Si vuol realizzare l’obiettivo di consentire alle persone lo sviluppo di competenze nel corso di tutta la vita e di assicurare il diritto alla formazione e all’apprendimento permanente all’interno dell’esercizio dei diritti sociali. Si fa riferimento, in particolare, alla necessità di “competenze per l’occupazione “, e all’analisi dei fabbisogni del mercato del lavoro.
L’Agenda indica 12 azioni: 1) Un patto per le competenze; 2) Miglioramento dell’analisi del fabbisogno di competenze; 3) Sostegno dell’UE agli interventi strategici nazionali in materia di sviluppo delle competenze; 4) Proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza; 5) Attuazione dell’iniziativa delle università europee e sviluppo delle competenze degli scienziati; 6) Competenze a sostegno delle transizioni verde e digitale; 7) Aumento dei laureati in discipline STEM[4] e promozione delle competenze imprenditoriali e trasversali; 8) Competenze per la vita; 9) Iniziativa per i conti individuali di apprendimento; 10) Un approccio europeo alle microcredenziali; 11) La piattaforma Europass; 12) Miglioramento del quadro di sostegno per sbloccare gli investimenti privati e degli Stati membri nelle competenze.
Si parla di un “Patto per le competenze” e di un’azione congiunta che coinvolga lavoratori, imprese, autorità nazionali, regionali e locali, parti sociali, organizzazioni intersettoriali e settoriali, “fornitori di istruzione e formazione”, camere di commercio e servizi. Il tutto per sostenere la ripresa e le transizioni verdi e digitali.
Si parla anche di iniziative rivolte alla creazione di uno spazio europeo dell’istruzione (entro il 2025) che consenta ai giovani di accedere alla migliore istruzione e formazione e di trovare un’occupazione in tutta Europa. È un obiettivo strategico che presenta le seguenti caratteristiche:
- trascorrere un periodo all’estero per studiare e apprendere sia la norma;
- le qualifiche dell’istruzione scolastica e superiore vengano riconosciute in tutta l’UE[5];
- conoscere due lingue oltre alla propria lingua madre diventi la norma;
- tutti abbiano accesso a un’istruzione di qualità indipendentemente dal loro contesto socioeconomico;
- le persone abbiano un forte senso della loro identità europea, del patrimonio culturale europeo e della sua diversità.
Il documento di riferimento[6] è quello relativo alla specifica raccomandazione adottata il 24 Novembre 2020 dal Consiglio dell’Ue sull’istruzione e formazione professionale per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza.
La Raccomandazione definisce i principi chiave per garantire che l’istruzione e la formazione professionale siano agili per adattarsi rapidamente alle esigenze del mercato del lavoro e offrano opportunità di apprendimento di qualità sia per i giovani che per gli adulti.
Pone un forte accento sulla maggiore flessibilità dell’istruzione e della formazione professionale, sul rafforzamento delle opportunità per l’apprendimento e l’apprendistato basati sul lavoro e sul miglioramento della garanzia della qualità.
È da tenere presente la definizione di «istruzione e formazione professionale» secondo la Raccomandazione del Consiglio del 24 novembre 2020: “…per istruzione e formazione professionale si intende l’istruzione e formazione che mira a trasmettere ai giovani e agli adulti le conoscenze, le abilità e le competenze necessarie per svolgere determinate professioni o, più in generale, soddisfare le richieste sul mercato del lavoro. Può essere fornita in contesti formali e non formali, a tutti i livelli del quadro europeo delle qualifiche (EQF)”
Il libro bianco sulla gioventù del 2001
Nel leggere i documenti europei di questi mesi, in piena pandemia, sorgono parecchi interrogativi di varia natura anche perché il pensiero va ai tagli alla scuola italiana dell’ultimo ventennio e al libro bianco di 20 anni fa. Pur evitando di discettare sui guasti provocati dai tagli alla scuola italiana, è interessante scorrere brevemente alcuni passi significativi a commento di quel libro bianco:[7]. “ i giovani europei, per quanto emerge dal Libro bianco sulla gioventù del 2001 che è stato preceduto da un’ampia consultazione nella loro fascia d’età tra i 15 e 25 anni, «intravedono l’Europa come uno spazio allargato senza frontiere, volto a facilitare gli studi, i viaggi, il lavoro e la vita quotidiana». I giovani invocano una Europa «baluardo di valori democratici», espressi in un orizzonte che va oltre i confini dei singoli Paesi e della stessa Europa e che si allarga in una dimensione mondiale. Nel Libro bianco i problemi che attraversano i sistemi dell’istruzione e della formazione sono stati affrontati ed evidenziati dai giovani con significativa consapevolezza: l’accesso facile e continuo all’istruzione lungo tutto l’arco della vita; l’organizzazione di processi formativi come “chiave” per incrementare la motivazione all’apprendimento; il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze acquisite in contesti formali, informali e non formali; la qualità e l’efficacia dell’istruzione scolastica per garantire i diritti di cittadinanza attiva; la transizione dalla scuola al lavoro e l’occupazione come presupposto per l’inclusione sociale.”
Dopo 20 anni il lessico usato e che ancora si usa consente, di per se stesso e a prescindere dai programmi attuati o non attuati, di dare contezza delle attese dei giovani europei.
La questione della cittadinanza attiva e dell’educazione civica
La Conferenza sul futuro dell’Europa prevista per il 9 maggio 2021 ha il pregio di favorire buone pratiche rivolte a colmare il gravissimo deficit di cittadinanza attiva.
Le iniziative che partono dai territori sono importanti. Sottolineo che trovo molto interessante l’idea di fare di molte delle città o luoghi simbolo occasione di esperienze che siano moltiplicatrici della conoscenza delle radici culturali riguardanti la “visione” e i “visionari” della costruzione dell’Europa unita.
Giusto per fare un solo esempio, merita almeno un cenno il “Focus sull’esperienza di Ventotene e il progetto di Santo Stefano” nel quale sono coinvolti molti soggetti e associazioni, tra i quali il sindaco di Ventotene e l’ex Commissaria europea per la Cultura Silvia Costa[8]. In effetti Ventotene, come luogo simbolo dell’Europa e Santo Stefano, come luogo simbolo dei diritti umani per il suo famoso carcere, favoriscono la realizzazione di iniziative esemplari.
In Italia il deficit di educazione civica è endemico se si pensa che è stato tradito l’ordine del giorno Moro dell’11 dicembre 1947 approvato all’unanimità dall’Assemblea Costituente. L’odg stabilì “che la nuova Carta costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico delle scuole di ogni ordine e grado al fine di rendere consapevole le giovani generazioni della raggiunta conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano”.
D’altronde in Italia sarebbe del tutto urgente dare attuazione all’art. 49 della Costituzione “per far rientrare l’agire politico dei partiti nell’alveo costituzionale che richiede l’esercizio effettivo del diritto dei cittadini alla partecipazione attiva”.[9] Infatti la crisi che investe i partiti politici italiani rischia di travolgere le istituzioni democratiche.
Le riforme di cui si parla in materia di istruzione
Sono recentissime le notizie di riforme in materia di istruzione. Dalla stampa[10] apprendiamo che “Il ministero così come è oggi, non è più in grado di organizzare la specificità e la complessità dei compiti. Stiamo ampliando l’età dell’educazione dai 0 anni fino alla formazione continua: serve un dipartimento che si occupi di formazione tecnica superiore, dobbiamo mettere mano all’organizzazione del ministero e degli organi decentrati”. Sono le parole del Ministro dell’istruzione Fabrizio Bianchi in una audizione nelle Commissioni riunite di Cultura Camera e Senato.
Il Ministro è entrato nel merito di diversi temi che riguardano, tra l’altro, “la povertà educativa”, il calo demografico, la questione delle “carriere” dei docenti e di tutto il personale della scuola, “L’aumento del tempo scuola”, “la formazione dei docenti”, le risorse finanziare da impegnare, etc. etc.
Nel contempo abbiamo sentito voci molto critiche nei confronti delle idee e dei progetti del Ministro. La stagione di riforme che si sta avviando sembra un cantiere aperto. Le linee di tendenza che hanno caratterizzato le politiche scolastiche italiane dall’unità d’Italia in poi hanno fatto registrare scelte caratterizzate, quasi sempre, dallo sviluppo dell’istruzione. È appena il caso di ricordare che la Legge Casati del 1859, che ha disegnato l’architettura del sistema di istruzione in Italia, è stata sostanzialmente in vigore fino a 20 anni fa, cioè fino all’inizio della politica dei criticati, e certamente criticabili, tagli.
Per concludere questo intervento, mi pare opportuno sottolineare, in vista di una ennesima riforma, l’importanza di garantire la libertà d’insegnamento e la necessità di superare l’annosa contrapposizione tra cultura scientifica e cultura umanistica.
Roma 9 Maggio 2021
[1] Per l’anno Einaudiano, a 60 anni dalla sua morte, vedasi: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01178938.pdf
[2] L’anno Einaudiano, è celebrato da diversi soggetti: dalla Fondazione Luigi Einaudi che ha organizzato numerose iniziative incentrate su “Memoria, eredità culturale, cittadinanza e integrazione europea”; https://www.fondazioneluigieinaudi.it/anno-einaudiano-memoria-eredita-culturale-cittadinanza-ed-integrazione-europea/ ; dalla Fondazione “Libro Aperto” con la pubblicazione in corso di stampa di un apposito volume e di articoli sulla Rivista di cultura liberale “Libro Aperto” fondata da Giovanni Malagodi e attualmente diretta da Antonio Patuelli; dalla Fondazione Adriano Olivetti https://www.fondazioneadrianolivetti.it/anno-einaudiano/ ;
[3] Servizio Studi del Senato, Nota n. 74/1 del 4 Maggio 2021 a cura di Patrizia Borgna.
[4] L’acronimo STEM deriva dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics per indicare le discipline scientiche e tecnologiche (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).
[5] Per il Processo di Bologna si veda: https://ec.europa.eu/education/policies/higher-education/bologna-process-and-european-higher-education-area_it
[6] Achieving the European Education Area by 2025 – Communication COM(2020) 625” https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1606987593071&uri=CELEX%3A32020H1202%2801%29
[7] “Quella vecchia Europa che guarda ancora poco ai giovani”. Articolo di Antonio Pileggi pubblicato dal quotidiano Europa del 27 marzo 2007; ripubblicato nel Libro Pietre, dello stesso autore, Rubettino, 2019.
[8] Educazione Civica in Europa – Focus sull’esperienza di Ventotene e il progetto di Santo Stefano – https://agcult.it/a/36781/2021-04-30/educazione-civica-europea-focus-sull-esperienza-di-ventotene-e-il-progetto-di-santo-stefano
[9] Il filo delle libertà, Antonio Pileggi, Rubbettino editore, aprile 2021
[10] ANSA, 4 Maggio 2021
Provveditore agli Studi e Direttore generale dell’INVALSI – Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione, ha varie esperienze di lavoro in Italia e all’estero. È impegnato nel sociale per attività di volontariato (scuola, pubblica amministrazione, avvocato di strada, etc.). È componente del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi, dove si occupa tra l’altro di Scuola e Formazione.