Talvolta il diritto – anche il diritto penale che solitamente è fonte di preoccupazione, di allarme sociale e di sofferenza per tutti i soggetti comunque coinvolti – strappa un sorriso, sia pur a denti stretti.
È ormai di dominio pubblico, si direbbe virale, la puntata di Porta a Porta di mercoledì 11 dicembre nel corso della quale il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nel tentativo di spiegare le ragioni della (sua) riforma della prescrizione, ha testualmente affermato: <<Quando il reato non si riesce a dimostrare il dolo e quindi diventa un reato colposo, ha termini di prescrizione molto più bassi>>. Di qui, una valanga di prese di posizione e di critiche e la richiesta del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo – anch’essa, dal mio punto di vista, provoca un forzato sorriso – di immediate dimissioni del Ministro della Giustizia.
Ora, non è certamente mia intenzione <<buttarla>> in politica o criticare le persone soprattutto quando hanno opinioni diverse dalle mie, come sul delicato e complesso tema della prescrizione. Ma ogni opinione deve essere fondata su dati certi e sulle regole poste alla base della materia sulla quale si discute. E, almeno nella occasione richiamata, l’affermazione del Ministro, peraltro anche Avvocato oltre che Onorevole, è certamente errata, sebbene – in filigrana e con una certa difficoltà – si può intravedere la buonafede del Ministro Bonafede. Sempre sulle note dell’ironia (bisogna essere seri, ma non seriosi), come dicevano i latini, nomen omen (il nome è un presagio, un destino…): il ministro è in buonafede, quindi non in dolo, ma in colpa…
Se la questione sulla quale si sono espressi, nei modi succintamente riassunti, il Ministro e il Consiglio dell’Ordine, non fosse grave e seria, basterebbe, appunto, un sorriso. Ma – come ho già avuto modo di chiarire sulle pagine di questo Giornale lo scorso 1 dicembre – la questione colpisce il cuore della nostra democrazia e i diritti di noi tutti, comunque la si pensi. E l’opinione pubblica deve potersi fare la sua idea – libera, autonoma, ma consapevole – senza che si ingeneri ulteriore confusione.
Faccio, dunque, il <<professore>>. Come dovrebbero sapere tutti coloro che hanno studiato il diritto penale, ai sensi dell’art. 42 del nostro codice penale <<nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto… colposo espressamente preveduti dalla legge>>. Inoltre, per l’art. 43 del codice penale, il delitto (ma lo stesso vale per le contravvenzioni) <<è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione>>; mentre <<è colposo, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione>>; mentre <<è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline>>.
Dunque, nei delitti la regola è il dolo, mentre la colpa deve essere espressamente prevista; inoltre, dolo e colpa sono concetti e nozioni molto diverse tra di loro. Pertanto, non si può <<trasformare>> il dolo in colpa. Del resto, polizia giudiziaria, pubblici ministeri e giudici non <<costruiscono>> i reati, ma ovviamente li accertano sulla base delle prove raccolte. Prove di dolo o prove di colpa.
Sia pure di buonafede, per <<combattere>> la prescrizione, che anche per me rappresenta una sconfitta dello Stato e un esito non auspicabile, occorre avere e dare informazioni corrette e giuridicamente fondate.
Perché avere opinioni diverse è il sale della democrazia. Ma avere opinioni consapevoli è meglio.
Pubblicato sul Giornale di Sicilia del 14.12.2019