Questo non è un articolo sulla metafisica del merito, né tantomeno un articolo per criticare o glorificare i gusti dei consumatori. L’esempio del libero mercato è stato inserito al fine di mostrare come e da dove nasca il merito.
Infatti, è il principio tanto ovvio quanto naturale per cui l’uomo vuole per sé ciò che ritiene più conveniente, a creare il concetto di merito.
Che significa?
Quando acquistiamo un album musicale per le composizioni che più ci aggradano, implicitamente scegliamo un’artista più meritevole, che riceve i nostri soldi. Quando compriamo un’automobile scegliamo i designer che hanno disegnato la forma più attraente, o gli ingegneri che hanno prodotto il motore più prestante, o qualsiasi cosa potremmo mai desiderare. Quando camminiamo su un ponte vogliamo che sia il più sicuro possibile, ossia che sia stato costruito dagli ingegneri migliori. Insomma, ogni volta che scegliamo qualcosa, creiamo il concetto di merito. Il merito è quello che succede quando scegliamo A rispetto a B: chi ha prodotto A viene implicitamente riconosciuto meritevole e gode i benefici del suo merito (che consiste nel soddisfare i nostri desideri).
Rinunciare all’idea che possa esserci un gelataio meritevole, ed uno meno meritevole, significa semplicemente rinunciare alla possibilità di mangiare il gelato nel luogo che preferiamo.
Il punto, quindi, non è cosa desideriamo, ma se desideriamo. Ovviamente l’uomo desidera, ed ha determinati set di preferenze. Non desiderare significherebbe abbandonarsi aleatoriamente a ciò che succede: non dovremmo avere gusti di alcun tipo. Il cibo, il lavoro, la poesia, l’amore, dovrebbero esserci tutti indifferente.
Chi chiede di abolire il merito, non si rende conto di chiedere allo stesso modo di abolire le preferenze, i gusti, i desideri, la libera scelta.
Gli esseri umani possiedono diverse capacità, e che le migliori capacità siano applicate e possano sfruttare tutto il loro potenziale permette al lato opposto della medaglia, ossia ai consumatori, di godere dei frutti di queste capacità. Mentre il calciatore meritevole, l’ingegnere meritevole, il rapper meritevole, l’avvocato meritevole si arricchiscono e sembrano aumentare le diseguaglianze sociali, quello che sfugge alla sinistra è che anche le controparti godono: godono nel vedere un calciatore segnare per cui decidono liberamente di pagare, nell’essere serviti da un avvocato preparato e così via per ogni bene o servizio di cui hanno bisogno .
Che i Maneskin guadagnino milioni non è la conseguenza di un assetto politico volto a legittimare le disuguaglianze sociali, ma semplicemente la necessaria conseguenza della nostra possibilità di scegliere la musica che più ci aggrada. Ovviamente, quando alcune persone riescono a soddisfare tantissime persone, possono arricchirsi enormemente. Mentre si arricchiscono e godono del loro merito, tutti i consumatori che acquistano i loro prodotti sono a loro volta soddisfatti dall’aver potuto godere della musica che ritenevano più meritevole. Per 4 Maneskin che si arricchiscono a dismisura ed alimentano il lamento della diseguaglianza, ci sono milioni (milioni!) di persone che ogni giorno provano sollievo nell’ascoltare i loro pezzi. Il ristoratore che offre, rispetto ad un concorrente, la stessa qualità del cibo ma ad un prezzo maggiore, fallirà, non perché vogliamo legittimare il fallimento o la delusione, ma perché vogliamo essere liberi di scegliere il ristorante migliore per noi.
Quindi scegliamo in massa di ascoltare Fedez, o di vedere il Milan allo stadio, ed il frutto delle nostre preferenze, ossia il nostro pagare per ciò che preferiamo, crea una gerarchia di meriti.
Si nota, in questa sinistra di belle anime, la solita tendenza a non proporre alcuna soluzione pratica.
Quale dovrebbe essere la negazione teorica del merito? Un mondo dove basta volere per avere? Chi vuole può essere premio Nobel, campione di scacchi, grande poeta? Un’allocazione casuale delle occupazioni? Dovremmo forse decidere con la roulette chi deve progettare gli edifici A, B, C?
In sostanza, la sinistra vede solo un lato della medaglia. Così, per esempio, immaginiamoci un appassionato ristoratore, Giovanni, che apra il suo primo ristorante. Costui progetta un menù super innovativo, studia per anni, chiede un finanziamento, dedica anima e corpo al suo ristorante lavorando giorno e notte. Tuttavia, all’apertura il ristorante non va bene e dopo qualche anno di stenti Giovanni è costretto a chiudere. Questa storia evoca, giustamente, sensazioni spiacevoli che vorremmo poter evitare. Tutti sono dispiaciuti per Giovanni, e tutti ritengono lo scenario in cui Giovanni ha un ristorante che va a gonfie vele uno scenario migliore. La sinistra vede che per ogni meritevole creato dalla libertà di scelta dei consumatori, allo stesso tempo vengono creati dei non meritevoli, e si lamenta. A ben dire, perché a nessuno piace l’idea che ci siano dei fallimenti, delle frustrazioni, delle difficoltà. Per ogni vincitore del disco di platino, ci sono schiere di musicisti che non sono stati ammessi ad X Factor, per ogni vincitore del Pallone d’oro ci sono schiere di calciatori ritirati, per ogni ristorante 3 Stelle Michelin ci sono ristoratori che hanno dovuto chiudere per non essere riusciti ad attrarre abbastanza clienti. E’ bello? No, certamente. Ma l’alternativa è che ognuno rinunci a scegliere qualsiasi cosa. Che è peggio.