Guerra in Ucraina e nuovo ordine mondiale: Asia Centrale, Cina e il ruolo dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai

Com’è ormai noto ai molti da quell’infausto 24 febbraio 2022, nel momento in cui la Russia innescò la miccia a seguito della sua “operazione speciale”, l’ordine mondiale ha iniziato a mostrare tangibili segni di cambiamento. Un’occasione più unica che rara per quelle potenze emergenti che da qualche tempo ormai cercavano un posto al sole.  A cominciare dalla Turchia, con la sua strategica opera di mediazione per la questione dello sblocco del grano ucraino, passando per il Brasile, il cui il neo-rieletto presidente Lula si sta ultimamente adoperando nella ricerca di una risoluzione, fino ad arrivare al gigante cinese, il reale protagonista della scena mondiale attuale. La necessaria uscita di scena della Russia dagli affari economici europei, con conseguenza più evidente il blocco delle importazioni di gas e l’impegno militare dell’Unione Europea in Ucraina, anche soprattutto a seguito delle pressioni USA, ha determinato un necessario riorientamento delle politiche estere di quest’ultima evidenziandone le già esistenti e profonde spaccature interne.

Con l’improvvisa uscita di scena di Mosca, le sempre più stringenti politiche climatiche adottate dall’Unione e il riconoscimento che la Cina è uno dei maggiori partner commerciali della stessa, se non il maggiore in assoluto soprattutto in ambito di transizione energetica, hanno spinto l’UE a delle risposte subitanee che hanno evidenziato la necessità di dare priorità alla cooperazione economica ponendo in secondo piano le divergenze ideologiche. Ecco quindi la visita improvvisa del Presidente francese Macron accompagnato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in Cina per rinsaldare i rapporti, con le conseguenti dichiarazioni del primo che hanno a dir poco indispettito gli USA. L’Unione sa bene che la forza manifatturiera interna della Cina è rilevante, il che può contribuire a ridurre i tempi e i costi necessari per far avanzare la transizione energetica tanto caldeggiata dall’Europa. Pechino, di fatto, mantiene una posizione di rilievo nelle catene industriali di componenti e attrezzature per la produzione di energia solare ed eolica e nelle esportazioni verso l’UE di moduli fotovoltaici. L’Europa necessita dunque della Cina, e la Cina lo sa.

Tuttavia, non è soltanto l’Europa il maggiore focus commerciale di Pechino. Già da tempo, e più precisamente dal 2013, l’Asia Centrale è stata investita dall’uragano One Belt One Road (OBOR), altrimenti detta Nuova Via della Seta, con innumerevoli progetti che hanno contribuito al rafforzamento della presenza cinese sul posto. Anche per l’Asia Centrale, tuttavia, la presenza cinese ha rappresentato una ghiotta occasione per svincolarsi, almeno in parte, dall’onnipresente presenza russa. In tal senso, la guerra in Ucraina è stata un catalizzatore di situazioni preesistenti. Nessuna delle cinque nazioni dell’Asia centrale (Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kirghizistan) ha, infatti, sostenuto l’invasione russa dell’Ucraina e ha aderito alle sanzioni occidentali contro la Russia. Un’indiretta dichiarazione di allontanamento dal gigante russo, anche se, secondo i dati ufficiali, i rapporti economici con Mosca sembrerebbero essere ancora più fiorenti. [i] Ma non solo l’Asia Centrale, anche paesi con l’Iran e il Pakistan possono trarre enorme beneficio dalla trasformazione dell’ordine mondiale con una Cina in posizione più egemonica che sembrerebbe tendere una mano d’aiuto a questi paesi tradizionalmente bistrattati dall’occidente a causa delle loro violazioni in svariati ambiti cui Pechino sarebbe più disposta a fare orecchio da mercante.

Ed è qui che entra in gioco l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.

Fondata nel 1996 come “Gruppo dei cinque” (Kazakistan, Cina, Russia, Tagikistan, Kirghizistan), l’organizzazione aveva come scopo principale il rafforzamento militare nelle aree interessate soprattutto a seguito della caduta dell’URSS. Nel 2001, dopo un incontro tenutosi a Shanghai, aderì anche l’Uzbekistan e fu firmato il trattato che modificò l’organizzazione, transformandola nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). I sei paesi aderenti espressero la volontà di ampliare gli ambiti operativi ben oltre quello militare, includendo maggiore cooperazione a livello economico. Tale idea fu rafforzata dalla proposta dell’allora primo ministro cinese Wen Jiabao di formare un’area di libero scambio economica, una mossa astuta necessaria per gettare le basi del futuro ambizioso progetto dell’OBOR.

Anche l’ambito energetico fu ampiamente considerato dall’organizzazione in virtù delle ingenti risorse energetiche dei paesi dell’Asia Centrale, oltre che della Russia. Non a caso, il quadro multilaterale SCO ha mirato e mira essenzialmente a un triplice scopo: ottenere l’accesso (per la Cina) a una regione di vitale importanza strategica per la Russia senza tuttavia inimicarsi l’egemone regionale, accrescere le relazioni economiche e creare una piattaforma di cooperazione regionale che vada oltre le più ristrette relazioni sino-russe per controbilanciare il lavoro di organizzazioni come l’Unione Europea, la NATO e potenze egemoniche come gli Stati Uniti.[ii] Il rafforzamento dei legami con l’Asia Centrale è stato poi incrementato con interventi di carattere culturale di cosiddetto soft power cinese, grazie ai numerosi istituti Confucio sparsi per la regione allo scopo di diffondere la lingua e la cultura del paese.

Da sottolineare, inoltre, che alcuni paesi, e tra loro alcuni con evidente importanza strategica, si sono visti assegnare lo status di osservatore. Si tratta di Mongolia, Afghanistan, Bielorussia, Pakistan, India e Iran. Anche gli Stati Uniti richiesero nel 2006 l’assegnazione del suddetto status, richiesta rigettata, ufficialmente, sulla base del principio di non contiguità territoriale e, sostanzialmente, per diminuire la già pesante presenza manifestata attraverso numerose basi militari sparse in Asia Centrale per contrastare il terrorismo islamico in Afghanistan. Dati i precedenti negativi tra alcuni di questi paesi e l’ordine mondiale basato sulla tradizionale supremazia occidentale (vedi tribolate relazioni Iran e USA), la SCO rappresenta chiaramente un’ottima occasione per i paesi “tartassati” dall’occidente per potersi alleare e rinsaldare le loro relazioni contro il blocco occidentale.

Con la Russia impegnata nella guerra in Ucraina e sempre più bisognosa di alleati non occidentali, la SCO si sta aprendo strada. Prova lampante, l’ultimo meeting tenutosi a Goa in India il 4 e 5 maggio. Il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha inviato dei segnali (forse volutamente) ambigui sulla crescente rivalità geopolitica della Cina con gli Stati Uniti. Secondo le sue dichiarazioni riportate dal servizio stampa del ministero degli Esteri, il ministro ha detto che “la guerra fredda è in ripresa” ma anche che “l’egemonismo e la politica di potere sono in aumento”. Riferendosi chiaramente agli Stati Uniti, ha continuato esortando i suoi colleghi della SCO a “sostenersi risolutamente a vicenda nella difesa degli interessi di sovranità, sicurezza e sviluppo, e contrastare l’interferenza di forze esterne negli affari regionali e l’istigazione delle rivoluzioni colorate”. Tuttavia, la dichiarazione più interessante riguarda il nuovo ruolo che la SCO deve assumere per “contribuire allo sviluppo dell’ordine internazionale in una direzione più giusta e ragionevole”. [iii] In tal senso, l’annuncio di accelerate procedure d’inclusione di Iran e Bielorussia nell’organizzazione assume una rilevanza non certamente di esclusivo carattere economico. Del resto, le travagliate relazioni tra gli USA e l’Iran sono ben note così come il rapporto di totale dipendenza della Bielorussia da Mosca. Non è una coincidenza che il 25 maggio Mosca e Minsk abbiano firmato un accordo per formalizzare il dispiegamento di missili nucleari tattici russi sul territorio bielorusso suscitando le ire dell’Ucraina e successive tensioni con l’occidente.

Inoltre, le spaccature in seno ai singoli stati membri dell’Unione Europea riguardo alla gestione della guerra in Ucraina, alle sanzioni imposte alla Russia e ai rapporti economici da tenere con la Cina stessa sono ben chiare a una Pechino sempre più a capo della SCO. Il caso del primo ministro ungherese Orbán ne è un buon esempio. Durante il Forum Economico tenutosi a Doha, il premier ungherese ha affermato esplicitamente che «l’Ucraina non ha alcuna possibilità di vincere la guerra».[iv] Del resto, Budapest è l’unico paese dell’unione che continua apertamente ad avere rapporti commerciali con la Russia per il rifornimento di gas e petrolio, a non avere aderito alle sanzioni e a non aver fornito aiuti militari a Kiev. Un bel cavallo di troia dunque per l’Europa (e gli USA) e un’occasione per la Cina anche per allontanare ulteriormente gli USA dall’Asia Centrale, già interessata, come detto in precedenza, dalla presenza di basi militari impegnate nella lotta contro il terrorismo in Afghanistan.

Per quanto riguarda poi le relazioni con la Russia, la Cina non ha mai nascosto la sua posizione ambigua. Se da una parte ha sempre sostenuto il concetto d’integrità territoriale dell’Ucraina, dall’altro ha supportato l’occupazione russa sostenendo che il carattere provocativo dei movimenti espansionisti della NATO verso est, nonostante non abbia mai inviato attrezzature militari a Mosca e non abbia mai riconosciuto l’annessione della Crimea nel 2014. Del resto, se è vero che l’Europa ha bisogno della Cina è anche vero il contrario. Do ut des. Ma in questo momento, la partita più interessante per Pechino sembra si stia giocando in Asia Centrale. Quest’ultima, tuttavia, non sembra disposta ad accettare le ingerenze in parte evidenti di Pechino in maniera passiva. Se l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), la risposta della Russia e dell’Asia Centrale alla NATO, non ha mostrato negli anni l’efficienza che avrebbe dovuto, l’Unione Economica Eurasiatica (EAEU) sembra essere ultimamente più presente.

La cosa più interessante è che il Kazakistan sta puntando a un rilancio sostanziale dell’organizzazione e dei rapporti tra i paesi coinvolti. Durante una riunione del Consiglio economico eurasiatico del 25 maggio a Mosca, il presidente kazaco Kassym-Jomart Tokayev ha invitato gli Stati membri dell’Unione Economica Eurasiatica a rendere più efficace la traiettoria di sviluppo dell’unione.[v] Un possibile doppia lettura per questa dichiarazione. La prima, un desiderio di disciplinare maggiormente le relazioni economiche con una Russia che se sembra essere più bisognosa dei vicini dell’Asia Centrale (dove si potrebbe leggere anche un possibile ribaltamento dei ruoli da predatore a preda, se vogliamo), ma anche la volontà di non dare troppa mano libera alla Cina nei propri territori. In effetti, Tokayev ha dichiarato che nelle attuali condizioni geoeconomiche, l’unione dovrebbe raggiungere il suo pieno potenziale in modo più efficiente formando un mercato unico senza barriere, fornendo un transito senza ostacoli di merci verso paesi terzi. Quasi un contraltare alle dichiarazioni di qualche giorno prima del ministro degli Esteri cinese Qin Gang sul ruolo della SCO.

Del resto, la posizione geografica centrale di questi cinque stati rende centrale anche il loro ruolo all’interno della SCO, inizialmente programmata come uno spazio per gestire le differenze tra Cina e Russia nell’ambito di un quadro istituzionalizzato. Tale quadro fornisce ai cinque paesi sia maggiori rassicurazioni sulla loro sostanziale presenza nell’organizzazione sia uno spazio politico più ampio per coordinare i propri interessi nei confronti delle grandi potenze fornendo loro, almeno formalmente, la possibilità di partecipare alla cooperazione con le maggiori potenze regionali. In tal senso, i cinque stati potrebbero adempiere la funzione di bilanciatori tra Oriente e Occidente, sfidando l’interpretazione della SCO come blocco antioccidentale[vi].

SCO sì, dunque, ma con una certa misura. Ed è sempre Tokayev a sottolinearlo durante il meeting quando ha invitato i partecipanti non solo a rafforzare l’interazione economica e commerciale con la SCO, ma anche con l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN), il Mercato comune meridionale (Mercosur) in America Latina e altre alleanze internazionali e regionali. È fondamentale, inoltre, secondo il presidente kazaco, concludere gli accordi di zona di libero scambio con Egitto, India, Indonesia, Israele ed Emirati Arabi Uniti (EAU).

La Cina è dunque benvenuta in Asia Centrale dal cui petrolio, unitamente a quello russo, dipende in larga parte, ma è necessario porre dei paletti. Un messaggio che Pechino ha diligentemente recepito formulando in chiave più ideologica che economica l’obiettivo del rafforzamento della SCO per non alimentari timori presso i suoi vicini. Almeno per il momento, infatti, l’enfasi della Cina è posta sul totale fallimento degli USA e delle ideologie occidentali sia economiche sia politiche, e sull’opportunità, se non necessità, di assumere il ruolo di protettore della pace in un ordine mondiale al momento in via di sfaldamento. Del resto, perché preoccuparsi? Il dragone ha ormai i piedi ben saldi in Asia Centrale grazie al massiccio progetto dell’OBOR e agli altrettanto massicci (e discutibili) sistemi di prestiti che hanno già incatenato i cinque paesi, e non solo quelli, al sempre sorridente vicino. Senza dubbio, la maniera più sottile per prendere parte al Grande Gioco per l’Asia Centrale

[i]Umarov, T. 2022. Russia and Central Asia: Never Closer, or Drifting Apart? Carnegie Endowment for International Peace. Disponibile su https://carnegieendowment.org/politika/88698 Ultimo accesso 30\05\2023.

[ii]Prantl, J. 2013. The Shanghai Cooperation Organization: Legitimacy through (Self-) Legitimation? Oxford Academic. Disponibile su https://academic.oup.com/book/6559/chapter/150512900 accesso 29\05\2023.

[iii]China-Central Asia bulletin. 2023. Central Asia: Beijing bracing for summit-o-rama. Eurasianet. Disponibile su https://eurasianet.org/central-asia-beijing-bracing-for-summit-o-rama Ultimo accesso 30\05\2023.

[iv]Corriere del Ticino. 2023. Perché Viktor Orbán ha detto che l’Ucraina non può vincere la guerra? Disponibile su https://www.cdt.ch/news/mondo/perche-viktor-orban-ha-detto-che-lucraina-non-puo-vincere-la-guerra-318024 Ultimo accesso 30\05\2023.

[v] Omirgazy, D. 2023. President Tokayev Urges EAEU Member States to Unlock Union’s Economic Potential. The Astana Times. Disponibile su https://astanatimes.com/2023/05/president-tokayev-urges-eaeu-member-states-to-unlock-unions-economic-potential/ Ultimo accesso 31\05\2023.

[vi] Maksutov, R. 2006.  The Shanghai Cooperation Organization: A Central Asian Perspective. SIPRI Project Paper.

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