Si citano spesso le esternalità; si parla dei fallimenti del mercato. Sono argomenti evocati dai nemici della libera iniziativa, spesso a sproposito, basati su pregiudizi ideologici. Voglio però parlare di un caso recente in cui le esternalità sono palesi. Sono i campionati europei di calcio che hanno creato mobilità di spettatori in Europa e, soprattutto, assembramenti e manifestazioni anche per coloro che hanno seguito l’evento tramite il canale televisivo.
Mi auguro che gli organizzatori della manifestazione abbiano tratto almeno loro adeguato profitto. Perché, dall’altra parte, le esternalità sono state pesanti. Minori in quelle nazioni i cui rappresentanti sono stati sconfitti, maggiori dove, come in Italia, si sono conseguite vittorie.
Dopo le vittorie nelle eliminatorie, con diffusione del contagio tra il pubblico dei giovani, si è arrivati alla finale. Il Presidente della Repubblica, che è una ottima persona, ha ingenuamente dato importanza alla manifestazione con la sua presenza. Dopo la conquista del trofeo non si è potuto esimere dal ricevere i protagonisti al Quirinale; non gli è stato da meno il Presidente del Consiglio. Tutto ciò ha generato una immane gazzarra di folla a Roma, con l’autobus dei calciatori che percorreva la città tra la popolazione esultante e ammassata.
Le esternalità provocate sono di diverso genere. La prima riguarda direttamente i potenziali contagi tra gli spettatori e la folla esultante attorno ai televisori o attorno ai giocatori. La seconda riguarda la diffusione, anche attraverso i commentatori, di un clima di rilassatezza circa la pandemia, quasi che la stessa passasse in secondo piano rispetto all’esultanza della festa calcistica. Chi ci crede più alla necessità di tenere le distanze? Con che autorevolezza si chiudono le discoteche? È più difficile opporsi ai no vax e a coloro che ostacolano il green pass.
In questo caso dei campionati europei, il mercato ha forse raggiunto i suoi obiettivi di profitto, ma lo Stato è stato carente nella prevenzione (era meglio non fare il torneo) e nel controllo delle esternalità (i bagni di folla dovevano essere impediti).
In Banca d’Italia dal 1965, prima ai Servizi di Vigilanza sulle aziende di credito, poi, da dirigente, con responsabilità di gestione delle strutture organizzative, dell’informatica e del personale; dal 1996 Segretario Generale della Banca, con responsabilità del personale, delle relazioni sindacali, dell’informatica, delle rilevazioni statistiche e ad interim della consulenza legale. Cessato dal servizio nel 2006.
Già rappresentante italiano dal 1989 presso l’Istituto monetario europeo (Basilea) e poi presso la Banca Centrale Europea (Francoforte) per i problemi istituzionali e l’organizzazione informatica. Inoltre rappresentante sempre a partire dal 1989 presso il G20, Banca dei Regolamenti Internazionali, come esperto informatico.
Autore e coautore di pubblicazioni sull’ordinamento bancario, sulle economie di scala e sugli effetti dell’informatizzazione. Ha organizzato presso la Fondazione nel gennaio 2015 il convegno sulla situazione carceraria in Italia.