Karl Marx è un classico del pensiero prima ancora che un ideologo della rivoluzione e del superamento del capitalismo e, in genere, di quella che lui chiamava la “preistoria del genere umano”. Ciò significa che egli non solo ha aiutato a capire il suo tempo (con Toqueville meglio di chiunque altro), ma ha anche affrontato in modo originale problemi essenziali che concernono l’uomo in quanto tale, e quindi la sua e ogni altra generazione. Sicuramente appropriato è perciò parlare, come fa Sebastiano Maffettone sin nel titolo del suo ultimo libro, di un Karl Marx nel XXI secolo (LUISS University Press, pagine 183, euro 12).
Più problematico è però pensare, ma sarebbe meglio dire augurarsi, come sempre Maffettone fa, che il Marx del nuovo secolo sarà un Marx depurato delle sue tossine totalitarie e letto con le lenti del pensiero liberal e socialdemocratico, un teorico ante litteram della giustizia redistributiva. Che la crisi della socialdemocrazia in politica e della teoria della giustizia rawlsiana, a cui Maffettone continua a far riferimento, in filosofia tutto siano fuorché congiunturali, mi pare difficile negarlo.
I problemi del nuovo mondo sono altri, e soprattutto esigono altre risposte: il Marx del nuovo secolo non sarà più quello della parte terminale del XX secolo. Così come, per fortuna, non sarà presumibilmente neppure più quello della prima parte del secolo scorso, il Marx cioè ispiratore di rivoluzioni e regimi totalitari. Sul problema se questo esito pratico del marxismo fosse da considerarsi necessario, Maffettone usa parole di buon senso: il totalitarismo era solo uno degli esiti possibili, anche se è innegabile che i caratteri della società comunista preannunciata da Marx, e della “dittatura del proletariato” che doveva instaurarla, tutto erano fuorché liberali.
Al pensatore tedesco si deve tuttavia non solo una descrizione insuperata del sistema capitalistico, ma anche una critica implacabile dell’“ideologia” che coincideva con una messa in luce di stampo realistico delle radici spesso interessate di tanti buoni sentimenti e conati umanitari. L’idea di “riconciliare” l’umanità con sé stessa già in questo mondo, di “rimettere sui piedi” l’uomo “capovolto”, è però profondamente irrealistica e illiberale, negatrice del nesso dialettico che nell’uomo costitutivamente unisce il bene al male.
Un po’ sottovalutata, o non portata alla radicalità delle sue conseguenze, è nel libro la risoluzione operata da Marx della teoria nella prassi, la quale ultima risolverebbe con l’azione le contraddizioni teoriche su cui finora si sono arrovellati i filosofi. È questo il vero centro del pensiero marxiano, che distrugge ab origine ogni pretesa di normatività accampata dalla filosofia sull’azione. Nonché ogni ideale astratto, non fondato cioè sul movimento della storia, che il pensatore di Treviri non esiterebbe a definire moralistico e “piccolo-borghese”. Complesse questioni che è merito del libro di Maffettone sollecitare.
Corrado Ocone, Il Mattino 30 settembre 2018