Sono contraria alla liberalizzazione delle droghe di qualsiasi tipo. La differenziazione tra droghe leggere e pesanti è opinabile, è l’uso che se ne fa ad essere più o meno pesante, anche di quelle leggere.
Si può obiettare che lo stesso valga per l’alcol, un bicchiere di vino a cena non sono dieci vodke a stomaco vuoto, ma il “così fan tutti” in ambiti differentemente dannosi non è una buona ragione per lasciar correre.
Da fumatrice dico che se non trovassi più le sigarette smetterei, il divieto mi porterebbe dove non riesco io. Poi mi butterei sui puzzle, sul punto croce compulsivo (ho amiche che lo fanno in seggiovia tra una discesa e l’altra), perché il nodo sta lì: la dipendenza da qualcosa, di cui nessuno è privo.
Dato che lo Stato non può (per fortuna) intervenire sulle ossessioni individuali, ognuno si coltivi liberamente le sue, si pongano limiti solo per ragioni di sicurezza, l’unica frontiera in un Paese liberale.
Torniamo alle droghe: anni fa una dose di cocaina costava 50 euro o più, oggi con 10 euro anche il ragazzino se la compra con la paghetta settimanale, è una strategia della malavita per attirare più giovani nella trappola della dipendenza e costruire una solida base di clienti cui offrire tra qualche anno la merce a prezzi aumentati, gli stessi vi si adatteranno per triste necessità.
Siamo sicuri che la droga libera a portata di mano e di portafogli porterebbe a un esito differente? E che regalerebbe più sicurezza ai genitori?
Certo che anche l’alcol è una piaga per i giovani e non, il proibizionismo non era stato la soluzione, vero, ma solo per inefficienza delle istituzioni nel combattere i traffici illegali e per collusione delle forze dell’ordine con i trafficanti.
Nulla di moralmente riprovevole, intendiamoci, siamo tutti solidali con le vittime di dipendenze, noi compresi, ma liberalizzando la droga e tassandola per costituire un fondo sanitario a sostegno dei tossicodipendenti si entra in un circolo vizioso, ti pugnalo e ti ricucio: a che pro domandarsi se costi di più la lotta alla criminalità quando è l’approccio a essere viziato dalla droga e da miti libertari che nulla hanno a che fare col benessere individuale, da cui dipende quello sociale, cui il liberalismo tende ponendo solo limiti di sicurezza?
Sono a favore di molte libertà, nel principio dell’autodeterminazione personale, ma qui lo Stato avrebbe un’ulteriore occasione di gestione finanziaria e sanitaria, ove già non è in grado di amministrare le risorse per arginare la criminalità e tutelare famiglie e scuole da un pericolo grave.
Infine, non c’è come vietare per stimolare? Vero.
A Singapore ero entrata in crisi di astinenza da chewing gum perché là è vietata la vendita, in un’ottica estremistica del benessere che considera lo sputo del vizio da mascella causa di lordura del marciapiede comune, immagino quindi la tragedia per un drogato.
Ma o si parte dall’uomo non drogato e dalla sicurezza per sé e i figli oppure dai problemi del drogato oppure dai problemi dello Stato.
Capra e cavoli non si salvano. A ciascuno le risposte che crede. Liberamente.