Le vicende dell’Afghanistan rivelano l’inconsistenza del ruolo internazionale degli europei. Appare chiara la posizione parassitaria dell’Europa in ambito Nato, non venendo i singoli paesi nemmeno informati circa le decisioni strategiche degli Stati Uniti. In tale prospettiva risulta difficile anche definire gli obiettivi finali dell’alleanza atlantica: una comunità di difesa contro chi? Dopo la caduta dell’Unione sovietica non si ravvisano potenziali aggressori; il fine dell’alleanza è forse quello di evitare che i suoi componenti, che vengono da secoli di guerre fratricide, si facciano guerra di nuovo tra di loro.
La crisi afghana deve essere l’occasione perché l’Europa trovi una propria identità sul piano della politica internazionale. È vero però che senza unità politica e difesa comune l’Europa non si può dare una politica estera; d’altronde portando l’Unione a 27 stati eterogenei, Prodi ha cancellato ogni futuro di unità politica che nasca dalla convergenza dei conseguenti contrastanti interessi. Sarebbe oggi di converso auspicabile un nocciolo duro di 4 o 5 stati che abdichino alla propria sovranità per creare un polo di attrazione attivo nel tempo per altre aggregazioni. Ci vorrebbero personaggi come Monnet, Adenauer e De Gasperi pronti a sacrificare gli interessi di partito per un progetto comune. Ma ci sono questi leader? Purtroppo la Germania perde la Merkel e Macron è in posizione precaria. Noi abbiamo Draghi, che ha avuto esitazioni nella gestione della pandemia, ma che ha un buon respiro internazionale. È personaggio ambizioso, capace di grandi disegni e potrebbe giocare un ruolo decisivo. Bisogna evitare che i nostri interessi di partito lo cristallizzino nella posizione di presidente della Repubblica e sperare che i nostri mediocri politici continuino ad avere necessità del suo apporto.
Fin da ora comunque, prospettando la necessità di discutere la situazione internazionale nell’ambito del G20 l’Italia ha dimostrato di comprendere come sia necessario trovare interlocutori nel mondo e non avversari. Senza uscire dalla Nato, già in quella sede una intesa politica italo-franco-tedesca potrebbe dialogare alla pari con l’alleato americano, proponendo soluzioni sulla via della pace, del rispetto delle autonomie dei diversi paesi e del contrasto al terrorismo che non siano di contrapposizione alle altre potenze mondiali, Cina, Russia e aggiungo India.
In Banca d’Italia dal 1965, prima ai Servizi di Vigilanza sulle aziende di credito, poi, da dirigente, con responsabilità di gestione delle strutture organizzative, dell’informatica e del personale; dal 1996 Segretario Generale della Banca, con responsabilità del personale, delle relazioni sindacali, dell’informatica, delle rilevazioni statistiche e ad interim della consulenza legale. Cessato dal servizio nel 2006.
Già rappresentante italiano dal 1989 presso l’Istituto monetario europeo (Basilea) e poi presso la Banca Centrale Europea (Francoforte) per i problemi istituzionali e l’organizzazione informatica. Inoltre rappresentante sempre a partire dal 1989 presso il G20, Banca dei Regolamenti Internazionali, come esperto informatico.
Autore e coautore di pubblicazioni sull’ordinamento bancario, sulle economie di scala e sugli effetti dell’informatizzazione. Ha organizzato presso la Fondazione nel gennaio 2015 il convegno sulla situazione carceraria in Italia.