Ciò che sta accadendo, e non mi riferisco solo a Colleferro, dimostra l’avvenuta diffusione nel nostro Paese di un clima di esasperata violenza.
La violenza non è mai mancata, da quella accompagnata agli atti di rapina a quella connotata da fanatismi e ideologie politiche.
Sembrava però che con la fine delle guerre la conclusione del XX secolo si accompagnasse con il processo storico di emancipazione dell’umanità dalle forme di primitiva violenza. L’apparizione delle donne – finora vittime e non attori della violenza – in ruoli di comando sembrava testimoniare l’affermazione della moderazione nei rapporti tra esseri umani.
Purtroppo vediamo invece aggiungersi sempre più spesso agli atti di delinquenza comune svariate forme di sopraffazione in seno alla famiglia, nonché atti di stupro tra i sessi. I comportamenti intolleranti ci attendono sull’uscio di casa, dal marciapiede invaso da motociclette, monopattini e biciclette che pretendono di farsi largo, al percorso in auto, sempre a rischio dell’automobilista rissoso che scenda dalla macchina e bussa al finestrino con rabbia. Vediamo la violenza nell’agone politico, dove prima si criminalizza l’avversario e poi con urla e con vie di fatto gli si impedisce di esprimersi.
Poco fanno i canali di comunicazione per condannare la violenza. La televisione non ha impedito,moderando, le risse politiche. Spesso i programmi di intrattenimento esaltano la forza; i telefilm, specie di origine americana, testimoniano atti di violenza esercitati dalla forze “del bene” senza obiezioni critiche.
Anche nello sport manifestazioni di c.d. virilità sono accettate e premiate. In questo campo c’è quella che io considero la vergogna del pugilato. Non capisco perché io cittadino pacifico debba sussidiare, in quanto olimpico, uno sport quale il pugilato, che ha il solo obiettivo di far sì che una persona faccia del male a un’altra persona (ricordo in proposito il bellissimo film di Clint Eastwood che purtroppo presentava il pugilato come tentativo di redenzione).
Alle mie considerazioni sulla violenza in Italia si obietterà citando quanto accade in America. Ma io credo che si debba cominciare a dare un segnale da noi, civiltà più antica.
Direi ai giovani, ai politici di suscitare in tutte le sedi un movimento di sensibilizzazione contro la violenza, con forme Gandhiane, pacifiche. Operiamo dovunque, riserviamo le arti marziali alle donne che si debbono difendere e togliamo il pugilato dagli sport olimpici, anche se ciò dispiacerà agli antichi greci.
In Banca d’Italia dal 1965, prima ai Servizi di Vigilanza sulle aziende di credito, poi, da dirigente, con responsabilità di gestione delle strutture organizzative, dell’informatica e del personale; dal 1996 Segretario Generale della Banca, con responsabilità del personale, delle relazioni sindacali, dell’informatica, delle rilevazioni statistiche e ad interim della consulenza legale. Cessato dal servizio nel 2006.
Già rappresentante italiano dal 1989 presso l’Istituto monetario europeo (Basilea) e poi presso la Banca Centrale Europea (Francoforte) per i problemi istituzionali e l’organizzazione informatica. Inoltre rappresentante sempre a partire dal 1989 presso il G20, Banca dei Regolamenti Internazionali, come esperto informatico.
Autore e coautore di pubblicazioni sull’ordinamento bancario, sulle economie di scala e sugli effetti dell’informatizzazione. Ha organizzato presso la Fondazione nel gennaio 2015 il convegno sulla situazione carceraria in Italia.