La provocazione. Nel 1996 pubblicai questa foto sulla rivista Antiqua di Archeoclub d’Italia per richiamare alla memoria l’immane tragedia che trenta anni prima, il 4 novembre 1966, aveva duramente colpito al cuore il Paese in quella che è la sua ricchezza, ovvero la unicità e la bellezza di Venezia, sommersa da una massa d’acqua distruttrice mai vista prima di allora e Firenze, che nello stesso giorno, fu invasa e stravolta da acqua e fango dallo straripamento dell’Arno. Giunsero aiuti da tutto il mondo, grazie all’UNESCO, e vennero lanciate campagne di sensibilizzazione per preservare lo straordinario patrimonio storico artistico danneggiato da quella terribile alluvione che interessò buona parte del paese e che destò grande commozione nel mondo intero.
Con la foto provocatoria che alludeva alla possibilità che il Palazzo dei Dogi potesse un giorno scomparire sotto le acque del mare, tentai di sollecitare le sopite attenzioni delle istituzioni sul grave ed incombente rischio cui era esposto il patrimonio artistico di Venezia, divenuta sempre più fragile e indifesa. I più erano convinti che il progetto Mose, avviato da qualche anno, avrebbe sottratto la città ad ogni futuro pericolo di inondazione. Tutte le risorse finanziarie disponibili, sei miliardi di Euro, sono state concentrate, in questi decenni, sulla sua costruzione, assorbendo finanche quelle destinate alla manutenzione della città. Ed è stato un errore gravissimo, atteso che la Repubblica di Venezia è riuscita per secoli ad assicurare il pieno equilibrio tra la città e le acque alte, facendo della manutenzione dei canali, l’unica vera arma contro le inondazioni distruttive. Il Mose non è stato completato nei tempi previsti. E la città, priva di ogni forma di difesa, si è trovata esposta nella giornata di ieri, ad una nuova distruttiva inondazione. La furia dell’acqua, che ha superato il metro e 80 di altezza, ha invaso e danneggiato edifici pubblici e privati, mettendo ancora una volta a dura prova l’integrità e la staticità del suo patrimonio artistico e architettonico. Nella imminenza della tragedia, l’informazione nazionale, come è ormai prassi consolidata, si è concentrata sulla rievocazione del malaffare che ha governato per quaranta anni la costruzione del Mose, sulla ricerca delle responsabilità politiche e amministrative, sulle tangenti pagate e gli arresti eccellenti. Il dibattito è ora incentrato sulla convenienza o meno di portare a compimento il Mose. Ma non ci si interroga sulle cause che hanno provocato l’ennesima tragica inondazione e sulla mancanza di iniziative passate e future che dovrebbero favorire la messa in sicurezza della città e soprattutto del suo patrimonio artistico, giunto allo sfinimento.
Abbiamo abusato per decenni della Laguna di Venezia in maniera insostenibile, favorendo l’acqua alta, l’inquinamento, la rottura degli argini, il passaggio delle grandi navi da crociera e continuiamo imperterriti a discutere sempre e solo nei momenti di emergenza, a reagire in emergenza, privi di idee e adeguati piani di intervento. Non possiamo permetterci di attendere ancora tre o quattro anni per la costruzione del Mose e restare inermi in attesa di un’altra drammatica marea distruttrice. Bisogna pretendere un piano di messa in sicurezza del patrimonio più a rischio. Con assoluta urgenza.
✞ 1951 – 2020