L’inquinamento ambientale impatta negativamente sulle possibilità di procreazione, contribuendo a rendere sempre più basso il numero dei nuovi nati che già risente di svariate concause sociali, non ultima la diminuzione della disponibilità economica, in mancanza di uno sviluppo significativo del sistema produttivo locale e nazionale. Nel recente convegno a Siracusa della Società Italiana della Riproduzione Umana (S.I.R.U.) è emersa una singolare correlazione tra la natalità e la salubrità dell’ambiente, non soltanto in relazione alla presenza di inquinanti più o meno conosciuti ma anche con riferimento alla qualità dell’alimentazione che, indirettamente, risente dell’utilizzo di pratiche agronomiche e dell’utilizzo di nuovi composti di sintesi che influenzano anche le caratteristiche organolettiche degli alimenti.
Esistono vari casi che testimoniano come prodotti chimici utilizzati in vari settori industriali, come le Sostanze PerFluoro Alchiliche (PFAS), che si trovano negli imballaggi, nei rivestimenti antiaderenti degli utensili, nei tessuti per renderli idrorepellenti ed isolanti, possano interagire con l’ecosistema, causando conseguenze indesiderate sulla salute umana, anche con rifermento alla riproduzione.
In particolare, l’inquinamento delle falde e il contatto con cibo e capi di abbigliamento che ne sono contaminati, comporta un accumulo dei PFAS negli esseri viventi, dovuto alla loro notevole inerzia chimica alla degradazione. Il tempo di emivita nell’uomo di alcune di queste sostanze, vale a dire il tempo necessario perché i livelli nel sangue si riducano a metà (se non si è più esposti) è dell’ordine di qualche anno, paragonabile anche se inferiore a quello delle diossine.
Per affrontare problematiche ambientali complesse, che incidono profondamente sulla qualità dell’ecosistema, è necessario un approccio differente, e per certi versi rivoluzionario, rispetto a quello che ha caratterizzato le attività per la salvaguardia dell’ambiente negli ultimi decenni.
Non più “ciò che è bene per l’uomo è bene per l’ambiente” ma, viceversa, ciò che è bene per l’ambiente garantisce una maggiore tutela della salute umana. Un ecosistema salubre è la condizione necessaria per un miglioramento misurabile della qualità della vita degli individui. Occorre razionalizzare le normative ambientali, correggendo alcune incongruenze che si sono stratificate nella legislazione del settore durante gli anni. Solo per fare un esempio, i valori di alcuni Standard di Qualità Ambientale (SQA) nei fiumi, nei laghi o nei mari, che indicano la concentrazione di un particolare inquinante che non deve essere superata, al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente, risultano essere notevolmente inferiori di quanto ammesso per sostanze analoghe presenti nelle acque reflue che recapitano negli stessi corpi idrici superficiali.
L’approccio multidisciplinare dei professionisti che a vario titolo sono coinvolti nelle tematiche ambientali, unito all’azione della politica che ha il compito di creare le condizioni per il progresso tecnologico ed economico del territorio, rappresenta la strada obbligata per contrastare efficacemente la prospettiva di una società in cui la presenza delle nuove generazioni è una percentuale in continua diminuzione. La diminuzione del numero di figli non riguarda soltanto le famiglie di origine italiana ma anche quelle provenienti da paesi extraeuropei, che si trovano nel nostro Paese da almeno una generazione.
Senza una visione che tenga conto della filiera produttiva nella sua interezza e dei suoi potenziali effetti sull’ambiente, si ottiene l’unico risultato di gestire le conseguenze dei problemi, senza provare ad eliminarli o, quanto meno, a minimizzarli.
Lo sviluppo dell’economia e quello tecnologico sono importanti strumenti, oltre quello normativo, per limitare l’impatto sull’ecosistema delle attività antropiche, favorendo la possibilità delle famiglie di contribuire allo sviluppo demografico del territorio, per garantire una prospettiva di maggiore benessere.
Le nuove generazioni provengono, per fortuna, da un retroterra culturale in cui la sensibilità ambientale è ormai un elemento abbastanza acquisito di educazione civica. Adesso è il tempo delle soluzioni, che non possono prescindere dal contributo di tutti coloro che sono in grado di garantire un valore aggiunto a misure efficienti ed efficaci, comprese le associazioni ecologiste. La sensibilizzazione deve diventare il mezzo, non il fine dell’impegno per un ambiente più pulito, per evitare nei cittadini l’effetto di rigetto tipico di quando alle buone intenzioni non seguono i risultati.
Lo sviluppo industriale deve tenere conto di due sostenibilità, mutuamente complementari: quella ambientale e quella economica. Non può, infatti, esistere uno sviluppo che non sia eco sostenibile e che, allo stesso tempo, non sia collegato alle reali esigenze e alle prospettive specifiche del territorio.
Chimico libero professionista, esperto di tematiche ambientali