Sotto il solleone, c’è il tipo da spiaggia perfetto che legge il suo libretto. Legge un po’ per noia, un po’ per posa, un po’ per capire perché la temperatura politica sia più calda dell’afa di Ferragosto.
Ma cosa leggere per intendere questa contemporaneità che, dice Cesare Cremonini, si chiama mondo? Beh, qualcosa da leggere che non sia il chiacchiericcio da talk-show c’è.
Ad esempio, il libro di Gianni Orsina, La democrazia del narcisismo (Marsilio) è utile per specchiarsi e capire come siamo arrivati fin qui; il libro di Jacopo Iacoboni, L’esperimento (Laterza), è un’inchiesta sul Movimento 5 stelle e ci illustra molto bene quello che è a tutti gli effetti non solo un esperimento politico ma anche di ingegneria sociale con una sua spiccata natura totalitaria; oppure il libro di Mattia Feltri, Novantatré (Marsilio) ossia l’anno del Terrore di Mani Pulite in cui la tragicommedia della «rivoluzione italiana», come la chiamò pomposamente Giorgio Bocca, prese avvio. In fondo, non è mai finita perché il risentimento e il giustizialismo hanno trasformato ogni coscienza in una procura.
Per spiegare noi a noi, forse, niente è meglio de La ribellione delle masse (edizioni SE) di José Ortega y Gasset: un libro che si legge come un romanzo di formazione, solo che a formarsi non è l’uomo moderno ma il suo fratello malato: l’uomo-massa. Qui Ortega mostra come l’uomo-massa non sia un «tipo» di una determinata classe sociale ma viva in ognuno di noi ed emerga appieno quando, preso il potere, pretende affermare la sua mezza cultura e la sua volgarità come fossero i valori della civiltà che, invece, ne manifestano il declino: l’uomo-massa vuole che tutto sia nello Stato e per lo Stato e dallo Stato. In questa mentalità distorta e poltrona, come diceva Einaudi, non ci vedete il problema del nostro tempo?
Da una ribellione all’altra: La ribellione delle élite (Neri Pozza) di Christopher Lasch. Questo libro, un classico, mette in luce come le classi dirigenti possano venir meno al loro primo dovere – governare – per intraprendere nel tempo un modo di vivere che le rende quasi fisicamente separate rispetto al «popolo» che così diventa facile preda dei «populismi».